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Nella clinica olandese dove si «sospende» la pubertà degli adolescenti transgender

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A vederla da fuori la clinica dove è stato inventato il «Protocollo olandese» non sembra particolarmente rivoluzionaria: qualche decina di stanze linde affacciate su un corridoio ad angolo tra la coloratissima ludoteca di pediatria e un’anonima sala d’attesa dove aspetta un gruppetto di pazienti. Molti sono adolescenti: il VU Medical Center, alla periferia di Amsterdam, ha sviluppato un metodo per persa in carico di teenager con la disforia di genere che prevede anche la «sospensione della pubertà» dopo i 12 anni.

Farmaci appositi bloccano la produzione degli ormoni sessuali e, dopo un periodo che può arrivare al massimo a 4 anni, se viene confermata la diagnosi di disforia di genere gli adolescenti sono reindirizzati, grazie a un’altra terapia ormonale, verso la pubertà dell’altro sesso.

Tra le pazienti più famose della clinica c’è Valentijn de Hingh, 24 anni, modella e giornalista olandese. «Ho iniziato a prendere i soppressori quando avevo 12 anni e così ho evitato la pubertà maschile: non mi è mai cresciuta la barba né il pomo d’Adamo — racconta —. Tutto questo mi ha permesso di acquisire un aspetto più femminile quando, a 16 anni, ho iniziato a prendere gli ormoni dell’altro sesso. E non ho dovuto affrontare operazioni dolorose in seguito». Dopo i 18 anni, come prevede la legge Valentijn ha poi fatto la rettificazione del sesso.

«Il nostro protocollo ha fatto scuola a livello internazionale: è stato adottato in Canada, negli Stati Uniti, in Australia, in Giappone e in molti paesi del Nord Europa, come Germania e Gran Bretagna» dice la psichiatra Annelou de Vries, coordinatrice del Center of Expertise on Gender Dysphoria, che assiste il 98% dei pazienti transgender in Olanda. La sola richiesta dell’ospedale Careggi di Firenze di introdurla anche in Italia, due anni fa, ha sollevato un pandemonio e accuse ai medici di voler sottoporre i «bambini» a «manipolazioni biologiche». Fa paura soprattutto l’idea che si possa prendere una decisione così radicale, cambiare sesso, così presto.

«La sospensione della pubertà serve esattamente al contrario: prendere tempo per arrivare a una diagnosi accurata e a un’età in cui si può fare una scelta consapevole, migliorando nel frattempo il benessere psicologico degli adolescenti» dice De Vries. I medici olandesi hanno iniziato a seguire bambini e teenager transgender nel 1987, dapprima a Utrecht e poi ad Amsterdam: circa 80 all’anno divisi in egual misura tra bambini e adolescenti (l’età media è rispettivamente 8 anni per i primi e 14 per i secondi).

Le preoccupazioni dei genitori

«I bambini che arrivano da noi non solo hanno comportamenti, interessi e preferenze che la società etichetta come tipiche del sesso opposto, ma non si identificano nel proprio sesso – spiega Thomas Steensma, psicologo che lavora nella clinica di Amsterdam con De Vries –. Di solito qui in Olanda i genitori li portano non perché vogliano cambiarli, ma perché i figli esprimono un disagio e loro vogliono sapere di più sul loro sviluppo, essere sicuri di prendersene cura nel modo giusto. Spesso sono bambini “femminili” a cui piace giocare con le bambole e mettersi vestiti da bambina, o bimbe che dicono: da quando ho sei anni guardo i ragazzi e penso che voglio essere come loro». Non è molto diverso da quello che Angelina Jolie ha raccontato di recente a proposito di sua figlia Shiloh Pitt, che a otto anni appare in pubblico vestita «da maschio»: «Si sente un ragazzo, si fa chiamare John. Abbiamo deciso di assecondarla tagliandole i capelli e vestendola da ragazzo».

In Olanda ogni piccolo paziente viene preso in carico da un team multidisciplinare che deve accertare se soffra davvero di disforia di genere: «Si parla di disforia quando i bambini non solo hanno comportamenti di genere atipici, ma si identificano con l’altro sesso e non si sentono bene a causa della mancata corrispondenza tra il loro corpo e come si sentono», chiarisce Steensma. Per loro il protocollo prevede una servizio di consulenza psicologica, che segue anche i genitori, ma nessun trattamento fisico: «Per la maggior parte dei bambini questa è solo una fase, che in molti casi (ma non necessariamente) sfocia in una successiva omosessualità: nella nostra clinica solo tra i 22 e il 30% dei bambini diagnosticati persiste nella disforia di genere anche da adolescente. Per questo nell’infanzia bisogna lasciare tutte le strade aperte, cercando di mettere i bimbi più a loro agio possibile. Ma non interferire in nessun modo con il loro sviluppo naturale», raccomanda.

Contrariamente a quanto succede spesso in Nord America, gli esperti olandesi scoraggiano di iniziare a vestirsi come l’altro sesso nell’infanzia, perché sono convinti che assumere così presto l’aspetto del genere desiderato sia problematico: «È più difficile ritornare al proprio genere di nascita se la disforia scompare. In più se bambino inizia a “transizionare” in pubblico già da piccolo, magari a 5-6 anni, fa fatica a rendersi conto del lungo e difficile percorso che dovrà affrontare per cambiare davvero genere – dice De Vries –. A volte è come se sparisse il fatto che sono nati dell’altro genere. Ma è importantissimo che si confrontino con la realtà, e la realtà è che, anche se vogliono essere del genere opposto, sono nati dell’altro sesso».Massima apertura, quindi, ma anche attenzione: «Mai dire “mia figlia è una bambina che è nata con un pene”, ma piuttosto: “mio figlio è un bambino che vorrebbe tantissimo essere una bambina”».

Le richieste degli adolescenti

È solo con i 12 anni, in età puberale, che il protocollo olandese prevede l’uso di farmaci. La pubertà è uno dei periodi più difficili per le persone transgender: «La disforia di genere si intensifica perché devono confrontarsi con il loro corpo che cambia e con le nuove relazioni tra coetanei – dice Steensma –: le differenze tra ragazze e ragazzi diventano più marcate, gli adolescenti iniziano a innamorarsi e a vivere la sessualità. Tutto questo riaccende l’incubo di non riconoscersi nella propria anatomia». I maschi biologici hanno paura che cambi loro la voce, che cresca la barba. Le femmine temono di vedersi spuntare il seno. È un malessere concreto, destinato a lasciare tracce persistenti nella vista di questi teenager, che hanno tassi molto più alti della media di ansia, depressione, pensieri suicidi, disturbi alimentari. Molti si chiudono in sé stessi, iniziano ad avere problemi a scuola, sono esposti a episodi crescenti di bullismo.

L’età media in cui gli adolescenti vengono indirizzati alla clinica di Amsterdam è di 13 anni per i maschi e di 14 per le femmine. Spesso si presentano ai medici con la richiesta esplicita di «cambiare sesso»: «Per noi però inizia una lunga fase diagnostica in cui cerchiamo di capire se soffrano davvero disforia di genere e di escludere che abbiano problemi psichiatrici» dice De Vries. Tre quarti di loro riceve effettivamente la diagnosi di disforia di genere e, se ha il sostegno della famiglia, può quindi iniziare la terapia per bloccare la pubertà: farmaci che fermano la produzione degli ormoni sessuali e quindi impediscono la piena maturazione sessuale e lo sviluppo dei cosiddetti caratteri sessuali secondari . Voce, barba, pomo d’Adamo nei maschi, seni e fianchi nelle femmine. «Noi la consideriamo un’estensione del periodo diagnostico, non l’inizio della fase di riassegnazione del genere. Anche perché questo tipo di terapia è del tutto reversibile», dice de Vries.

«Sono farmaci sicuri, che vengono già usati da oltre 30 anni per i bambini che soffrono di pubertà precoce e altrimenti si svilupperebbero a 4-6 anni. Ci sono però degli effetti collaterali – illustra Daniel Klink, endocrinologo del centro che segue gli aspetti fisici della terapia –: mal di testa e vampate nella fase iniziale, che poi scompaiono; un innalzamento della pressione in meno di un paziente su tre». La conseguenza maggiore riguarda però lo sviluppo delle ossa: «Dagli ormoni sessuali dipende anche il loro rafforzamento – spiega Klink –. Con i farmaci che sospendono la pubertà le ossa non assumano calcio, ma ricominciano a farlo quando si prendono gli ormoni dell’altro sesso. Così questi adolescenti accumulano un piccolo ritardo, anche se i loro valori di calcio sono comunque nell’intervallo normale. Si tratta di vedere se questo può portare problemi dopo i 60 anni».

Racconta Valentijn de Hingh: «I soppressori della pubertà non mi hanno cambiata. L’unica differenza era che tutti intorno a me, stavano maturando mentre io sono come rimasta indietro. Finché non ho compiuto 16 anni mi sentivo un po’ più bambina dei miei compagni che stavano cambiando aspetto e modo di comportarsi. Ma non era niente rispetto alla prospettiva di vedermi crescere la barba o il pomo d’Adamo»

Anche secondo gli esperti di Amsterdam i vantaggi che si hanno dalla sospensione della pubertà sono tanti e tali da giustificare il ritardo nello sviluppo: «I risultati sono impressionanti: sia psicologici che fisici – afferma Annelou de Vries –. Già senza nessun tipo di trattamento per la rettificazione, il funzionamento psicologico migliora: gli adolescenti hanno meno problemi a scuola, con i compagni, nel loro ambiente sociale». «Significa che calano i pensieri suicidi, l’ansia, i sintomi depressivi: in generale diminuisce la sofferenza psicologica» conferma Thomas Steensma.

«Ci sono vantaggi anche dal punto di vista fisico: se questi ragazzi e ragazzi decideranno di cambiare davvero sesso, potranno evitare in seguito interventi invasivi e dolorosi, come la mastectomia nel caso dei ragazzi trans (nati femmine) – dice De Vries – e avranno un aspetto fisico molto più convincente nell’altro genere».

In questa fase i medici raccomandano che gli adolescenti inizino ad assumere anche il ruolo di genere desiderato, perché abbiano modo di provare a vivere con la loro nuova identità: «Li spingiamo a parlare dei loro sentimenti, delle reazioni positive e negative alla transizione. La sospensione della pubertà li aiuta ad affrontare tutto questo in un periodo più calmo, senza lo stress e le pressioni del corpo che cambia» dice Steensma. «Ma insistiamo anche sul fatto che non è un cambiamento definitivo, bensì un periodo in cui possono pensare a quello che succede, per capire se è il percorso giusto per loro. Se non lo è possono tornare indietro senza che ci siano conseguenze durature», aggiunge De Vries

La terapia con estrogeni o testosterone

Solo a 16 anni, se si sentono pronti, i pazienti possono iniziare ad assumere ormoni dell’altro sesso: mascolinizzanti se sono nate ragazze, femminilizzanti per i ragazzi (le operazioni chirurgiche per la rettificazione del sesso, come l ricostruzione genitale o la mastectomia, si possono invece fare solo dopo i 18 anni, contrariamente a quanto succede, per esempio, negli Stati Uniti).

La terapia ormonale è un passaggio fondamentale, perché è solo in parte reversibile. «Aspettiamo i 16 anni, l’eta del consenso medico in Olanda, perché a 12 capire gli effetti a lungo termine della riassegnazione del genere è difficile: è complicato far comprendere a un dodicenne le conseguenze sulla sterilità, sulle sue relazioni romantiche o sulla salute in generale. A 16 anni, anche se si è ancora giovani, è già diverso».

Eppure molti temono, anche nella comunità scientifica internazionale, che sia ancora troppo presto: «Tanti medici ci chiedono se la disforia di genere sia davvero definitiva nei teenager – ammette Thomas Steensma –. Ma da tutte le ricerche e dalla nostra esperienza clinica, possiamo dire con sicurezza che se la diagnosi è corretta, ben fatta, lentamente e in team, la disforia di genere può essere individuata con certezza già nell’adolescenza». Sono 300 gli adolescenti in Olanda che sono stati curati con i farmaci per bloccare la pubertà dal duemila, quando la clinica lo ha introdotti: «Solo tre non sono andati avanti con gli ormoni», dice De Vries.

«Abbiamo studiato 55 pazienti che hanno fatto il nostro protocollo e hanno raggiunto i 20-22 anni dopo l’operazione di riassegnazione. Erano tutti soddisfatti, avevano una buona vita sociale e buoni risultati nello studio. Non solo stanno meglio rispetto a prima di iniziare la terapia, ma loro qualità della vita è assolutamente comparabile a quella degli altri ragazzi della loro età».

fonte: http://27esimaora.corriere.it/articolo/nella-clinica-olandese-dove-si-sospende-la-puberta-degli-adolescenti-transgender/



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