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Aspartame, inutile nelle diete e potenziale cancerogeno: un’”amara” verità

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«Quel che non sapevo è che l’incontro con la Dottoressa Belpoggi, avrebbe cambiato per sempre le mie abitudini alimentari.»

Avete presente gomme da masticare e caramelle senza zucchero, dentifricio, dolcificanti, yogurt, bibite senza calorie?
Molti di questi prodotti contengono aspartame: una sostanza chimica usata per sostituire lo zucchero.
Sono anni che la comunità scientifica s’interroga e dibatte sulla tossicità di questo additivo ma se così fosse, se l’aspartame fosse nocivo, come mai è introdotto in più di seimila prodotti alimentari (che siano bevande o cibi solidi) e consumato quotidianamente in tutto il mondo da duecentoventi milioni di persone? Perché quasi nessuno ne parla?
Per vederci un po’ più chiaro sono andata a trovare una donna che so battersi da anni per il riconoscimento dell’aspartame come cancerogeno: la Dottoressa Fiorella Belpoggi, Direttore del Centro di Ricerca sul Cancro dell’Istituto Ramazzini “IR” di Bologna.

Buongiorno Dottoressa,

l’aspartame ha una storia piuttosto controversa: nato come farmaco anti acido per la gastrite, una volta scoperto il suo sapore dolce, nel 1984 fu messo in commercio come dolcificante.
All’inizio dunque, l’uso era stato concesso esclusivamente a scopi terapeutici?

Sì, era stato concesso più come farmaco che come additivo, ma la cosa interessante è che l’aspartame, pur avendo un bassissimo livello calorico, non ha ridotto sperimentalmente l’incremento di peso corporeo. Non si è cioè registrata nessuna differenza nel peso tra gli animali che assumevano aspartame piuttosto che in quelli che non ne assumevano.
Diverso invece è l’utilizzo per le persone che sono affette da malattie metaboliche come il diabete. In questi casi è richiesto di sostituire lo zucchero con altre sostanze.
E’ un po’ una mistificazione quella che l’aspartame sia davvero un prodotto dietetico. Tutto sommato, da un punto di vista della dieta, non ha nessun effetto.

E’ contenuto anche in molti farmaci…
Sì, per renderli più appetibili ai bambini. Ha un impiego molto diffuso anche se, dopo i nostri studi e le discussioni che ci sono state su questo composto, molte case hanno sostituito l’aspartame con altri dolcificanti come il sucralosio e l’acesulfame k.

Che non sono dannosi per la salute?
Devo dire di non poter tranquillizzare il consumatore in questo senso, perché questi composti non sono ancora mai stati studiati.

Quali sono gli organi preposti a stabilire che un alimento sia dannoso per la salute e su cosa si basano le valutazioni e le conseguenti decisioni in merito?
Negli Stati Uniti c’è la Food and Drug Administration (FDA), in Europa per ciò che riguarda tutti gli alimenti che vengono posti sul mercato c’è l’Autorità per la Valutazione della Salubrità degli alimenti (EFSA).
La base per la valutazione consiste nel costituire dei panel di esperti che valutano tutti gli studi che sono stati fatti e che, sulla base delle evidenze che si traggono da questi studi, creano regolamentazioni.
Gli studi possono essere indipendenti, oppure essere fatti dalla stessa industria che commercializza il prodotto.
Il problema è che, essendo la ricerca molto costosa, è più frequente che non siano organismi indipendenti senza interessi nella commercializzazione, a commissionare gli studi per produrre i dati, bensì le industrie stesse che lo producono.

Quindi gli studi sui quali si basa la valutazione internazionale a favore dell’aspartame sono stati fatti dalla stessa industria che lo produce?
E’ proprio così. Ci sono anche diversi conflitti d’interesse nella stessa EFSA che sono stati rilevati più volte, cioè esperti che hanno a che fare con l’industria degli alimenti e anche con l’industria che produce o usa l’aspartame.

So che EFSA ha stabilito una dose ammessa giornaliera (ADI) per l’assunzione dell’aspartame, questo vuol dire che ci sono alimenti potenzialmente dannosi ma che assunti in piccole dosi potrebbero non esserlo?
In cancerogenesi, non esistono dosi senza rischio. Esistono limiti di ragionevole sicurezza, basati su un’evidenza che non è mai stata empiricamente confermata.
Nel caso del limite per l’aspartame, che è di 40 milligrammi per chilogrammo di peso, devo dire che noi in un nostro studio, abbiamo visto dei risultati allarmanti ovvero un incremento dei linfomi anche a livelli di dose di quel limite di grandezza.

Quando è stato sollevato il dubbio che l’aspartame fosse cancerogeno e quindi si sono cominciati gli studi?
Noi avevamo studiato il caso dell’aspartame alla fine degli anni ‘90 in un primo esperimento su circa 1800 ratti perché il professor Maltoni, il nostro vecchio direttore, era stato chiamato a Roma a far parte della commissione tossicologica nazionale, per valutare questo composto. Rimasto con dei dubbi rispetto ai dati esaminati nella Capitale, una volta tornato a Bologna, abbiamo deciso, attraverso i fondi dei soci dell’Istituto Ramazzini, di finanziare questa ricerca indipendente.
Le valutazioni hanno richiesto anni di osservazione della vita dei ratti.
Nel 2005 abbiamo pubblicato i dati di un primo studio, dove abbiamo notato un aumento di linfomi, di tumori di una parte del rene e dei nervi cranici.
Avendo visto un aumento statistico di questo tipo di tumori, siamo andati alle diverse agenzie internazionali a comunicare i nostri dati.
Sia negli Stati Uniti, sia all’Efsa, sia all’Istituto Superiore di sanità del Ministero della Salute in Italia.
C’è stata una richiesta di ottenere i nostri dati grezzi (cioè tutte le registrazioni) che noi abbiamo fornito, ma nessuno ci ha mai chiesto un approfondimento delle nostre valutazioni.

Perché EFSA non ha preso in considerazione i vostri studi, forse perché non li considera adeguati?

Perché EFSA sosteneva che non erano stati condotti secondo le linee guida OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) decise negli anni 70.
Infatti l’ IR usa un modello uomo-equivalente che rispecchia la situazione in cui gli uomini possono essere esposti alle diverse sostanze cancerogene. Nei nostri studi, gli animali vengono seguiti fino a morte naturale, possibilmente cominciando l’esposizione durante la vita fetale, mentre le linee guida OCSE richiedono il sacrificio degli animali a circa 2/3 dell’intera aspettativa di vita, soprattutto per limitare i costi dell’industria che, come dicevamo prima, è spesso quella a condurre gli studi.
Lei capisce che se prendessimo tutti i sessantenni di una popolazione e potessimo fare loro un’autopsia, i tumori sarebbero di certo inferiori, poiché l’età in cui insorge il maggior numero di tumori è proprio quella tra i sessanta e gli ottanta anni.

Mi faccia capire, Lei sta affermando che studi più approfonditi non sono stati tenuti in considerazione perché non rispettano linee guida poco sensibili?
Sì, oggi c’è una fortissima discussione su questo, non siamo solo noi a dirlo. Si sta parlando dell’inadeguatezza di questi dettami a livello internazionale.
Le linee guida sono costruite da burocrati, da persone esterne alla ricerca che non hanno probabilmente mai condotto un esperimento a lungo termine e che non si rendono conto, o non sanno, che due anni in un ratto, corrispondono a circa sessanta anni nell’uomo.

Tutti gli studi che sono stati fatti da organismi indipendenti come l’Istituto Ramazzini di Bologna, sono stati scartati per questioni burocratiche?
Sì, più precisamente per inadeguatezza. A meno che non fossero a favore della commercializzazione dell’aspartame.

Cosa succede adesso?
Siccome i datori di lavoro dell’Istituto Ramazzini sono i nostri cittadini ed è a loro che rispondiamo e a cui dobbiamo la verità, ci siamo accordati con il National Toxicology Program americano per fare un approfondimento diagnostico così da poter dissipare i dubbi. Una decisione da parte di Efsa, che è probabile venga presa, di abbassare la dose minima giornaliera, non è sufficiente.

Ai suoi figli farebbe consumare aspartame?

Mia figlia sono anni che non assume aspartame, fin dai primi studi. Anche se è molto difficile liberarsene. L’aspartame è presente in quasi tutti i chewing gum in commercio o, se non vi è presenza di aspartame ci sono tutti quegli altri composti chimici dai nomi difficili che, come Le dicevo prima, in verità non sono mai stati studiati e che quindi a lungo termine non sappiamo che effetti potrebbero avere. Non si può dire che una sostanza non comporti rischi solo perché non è stata studiata.

Dottoressa Belpoggi, per concludere, si può dire che l’aspartame è un cancerogeno o non si può dire?

L’aspartame essendo stato studiato su due specie animali (ratti e topi) e avendo provocato tumori maligni in entrambe le specie, l’Organizzazione Mondiale della Sanità direbbe che è un probabile cancerogeno per l’uomo. Che è quello che anche l’Istituto Ramazzini crede.

Scritto da Carlotta Quadri, Giornalista, autrice e speaker radiofonica




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