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Medicinali vegetali tradizionali: Quanto allarmismo!

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COMUNICATO STAMPA FEI
www.feierboristi.org

Medicinali vegetali tradizionali: Quanto allarmismo!

ma chi ha lanciato l’allarme si é documentato fino in fondo e ha compreso il contenuto della Direttiva 2004/24/CE? (Direttiva 2004/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che modifica, per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano)

Ad aprile 2011 é prevista una scadenza che fa riferimento all’art. 2 comma 2 della direttiva succitata, 2004/24/CE del 31 marzo 2004, che così recita:

“ai medicinali vegetali tradizionali di cui all’articolo 1, già in commercio al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva, le autorità competenti applicano le disposizioni della presente direttiva entro i primi sette anni dalla sua entrata in vigore”.

Quindi i sette anni decorrono dal 31 marzo 2004 e da qui si arriva al 1°Aprile 2011. Data però non corretta in quanto la direttiva in realtà è stata pubblicata in Gazzetta europea il 30 Aprile 2004, e quindi i sette anni vanno calcolati dal 30 aprile 2004 per cui la data ufficiale sarebbe il 1 maggio 2011.

 

Da una lettura “distorta” si può ipotizzare quanto recentemente pubblicato su diversi siti Internet; é evidente come, dovendo gli Stati membri rendere operativa la direttiva entro il 2011, l’Agenzia europea del farmaco (EMA, con sede a Londra), per il tramite della Commissione europea, debba definire un elenco di piante e sostanze vegetali atte ad essere inserite nei “medicinali vegetali tradizionali” e conformare i medicinali vegetali tradizionali già presenti in commercio ai parametri stabiliti dalla Direttiva stessa.

Questo però non significa che necessariamente certe piante non potranno essere utilizzate in altri ambiti con modalità e caratteristiche diverse.

Del resto la direttiva disciplina il farmaco ovvero la pianta o l’estratto utilizzato come tale e quindi con rivendicazioni di tipo terapeutico. Se la stessa pianta viene utilizzata per scopi diversi da quelli medicinali perché rientrante in normative specifiche, come appunto quelle alimentari, è una questione che non riguarda la direttiva 2004/24/CE.

Questo a significare che se piante naturalmente utilizzate ad esempio, malva, melissa, o quant’altro, sono già presenti sotto forma di integratori alimentari, in quanto regolamentati e ammessi in Italia dal D.L.vo n. 169/2004 e in altri paesi europei in attuazione della direttiva 2002/46/CE, questi possono continuare ad essere venduti regolarmente perché non rientranti nella direttiva degli Herbal Medicinal Drug.

Dal canto suo, l’Agenzia europea della sicurezza alimentare (EFSA, con sede a Parma) sta lavorando, da tempo, per un’armonizzazione europea relativa all’immissione in commercio degli integratori alimentari a base di fibre ed estratti vegetali.

E’ importante infatti ricordare che la Direttiva comunitaria 2004/24/CE (recepita con il D.L.vo 24 Aprile 2006 n. 219) istituisce il Medicinale Vegetale Tradizionale “Herbal Medicinal Drug”, mentre la Direttiva comunitaria 2002/46/CE (recepita con il D. L.vo 21 Maggio 2004 n. 169) istituisce l’integratore alimentare a

base di fibre ed estratti vegetali, assegnando a quest’ultimo un ambito ben preciso, nel sostenere ed ottimizzare le funzioni fisiologiche, tant’é che la medesima EFSA ha, già da tempo, istituito un gruppo di lavoro per la definizione dei “claims” (le indicazioni “fisiologiche”) relativi agli integratori a base di fibre ed estratti vegetali.

A proposito di indicazioni “fisiologiche”, il nostro Ministero della salute, nel testo della bozza di un Decreto ministeriale, recentemente sottoposto al vaglio degli Stati membri della UE, volto a puntualizzare alcuni aspetti relativi all’applicazione della norma relativa agli integratori alimentari a base di fibre ed estratti vegetali, sottolinea come gli effetti dei medesimi debbano essere espressi compatibilmente con il modello dell’omeostasi, come definito nel documento del Consiglio d’Europa del 7 Febbraio 2008, nell’ottica di ottimizzare le normali funzioni dell’organismo.

Anche la “giurisprudenza” ha detto la sua, infatti, La Corte di Giustizia europea ha, a suo tempo, sanzionato la Germania che aveva impedito la commercializzazione di integratori alimentari a base di Aglio, adducendo il fatto alla già concessa autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale contenente un estratto dello stesso.

Nulla, infatti, vieta che possano coesistere in commercio due preparati a base del medesimo aglio, uno (il medicinale vegetale tradizionale) indicato per la prevenzione dalla formazione di placche ateromasiche e l’altro (l’integratore alimentare) proposto per il fisiologico benessere dell’apparato cardiocircolatorio.

E’ probabile che per alcune piante potranno essere stabiliti dei criteri che indicheranno sia le caratteristiche dell’estratto vegetale impiegato, come la dose giornaliera, qualora si tratti di un componente del farmaco vegetale tradizionale, o al contrario si tratti di integratore alimentare, ma questa armonizzazione richiederà molto tempo e nel frattempo si potranno preparare prodotti contenenti piante con finalità terapeutiche, cioè medicinali, e prodotti contenenti piante con finalità salutistiche – fisiologiche, cioè alimenti.

Del resto esiste una tradizione d’uso di tipo erboristico essenzialmente alimentare in cui le rivendicazioni dei preparati vegetali sono sempre state di tipo salutistico e mai terapeutico. In Italia, lo ribadiamo, “il rimedio a base di estratti vegetali” è stato mantenuto in vita e diffuso dalla categoria degli erboristi e da quelle aziende erboristiche che hanno sviluppato prodotti efficaci a base di piante officinali, nel rispetto dell’integrità del fitocomplesso della pianta, vera discriminante sino ad ora, tra rimedio erboristico e farmaco vegetale.

Mentre in Europa, nel corso degli ultimi 3 anni, sono stati autorizzati circa 160 medicinali vegetali tradizionali (più di 60 in Gran Bretagna, più di 40 in Germania, il rimanente in diversi stati dell’Unione, di cui uno soltanto in Italia), nel nostro Paese, il Ministero della salute é stato sempre attento alla realtà degli integratori, tanto da aver incluso, recentemente, nell’elenco delle piante ammesse nella produzione di integratori alimentari, decine e decine di “nuove” piante officinali, tra le quali numerose specie con le quali poter ottenere gli estratti gliceroalcolici, comunemente conosciuti come gemmoderivati, che molti davano già per “persi”, questo pericolo grazie anche all’intervento della Federazione Erboristi Italiani (www.feierboristi.org) e al costante dialogo con il Ministero.

Fermo rimane l’impegno della Federazione Erboristi Italiani per arrivare al riconoscimento della facoltà di vendita anche da parte degli erboristi, del medicinale vegetale tradizionale, atto dovuto in quanto professionisti qualificati e preparati in ambito sanitario.

Tutto ciò non significa che non dobbiamo vigilare ed eventualmente mobilitarci, affinché la Commissione europea legiferi in maniera da salvaguardare il settore erboristico e quella professionalità che ha distinto, soprattutto, l’Italia e ha permesso che certe tradizioni fossero tramandate e tutelate. Per questo è importante informarsi e muoversi di conseguenza ma con cognizione di causa e competenza, con informazioni corrette e appropriate. SOLTANTO COSÌ POTREMO ESSERE ASCOLTATI.

Roma 7 ottobre 2010

Presidenza FEI 00153 Roma - Piazza G.G. Belli, 2 tel. 06 55280704 – 06 5866345 – 305 fax 065812750 e-mail: feiroma@tin.it – fei@confcommercio.it www.feierboristi.org



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Dispositivi medici Vs Farmaci da banco

Per commercializzare un farmaco da banco il titolare deve ottenere l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Questo medicinale può essere prescritto dal medico per portarlo in detrazione del 19% allegando lo scontrino fiscale. Il farmaco da banco può essere oggetto di pubblicità presso il pubblico.
Alla tv noto un proliferare di prodotti dichiarati “dispositivi medici”, spesso formulati con piante medicinali (sciroppi per la tosse, tavolette, gel e spray per il mal di gola, antiacidi per il bruciore e mal di stomaco, ecc.), che dovrebbero agire solo o prevalentemente per effetto meccanico/barriera. E questi godono degli stessi benefici dei farmaci da banco: detrazione, pubblicità, ecc. Il produttore (non farmaceutico) può commercializzare col marchio CE i dispositivi medici di classe I con un’autocertificazione, scansando anche le relative verifiche dell’AIFA sulla correttezza delle modalità di produzione.
Come consumatore questo stratagemma non mi piace per niente.
Cordiali saluti e buon lavoro.

Nella direttiva 2004/24/CE del parlamento europeo ed al suo successivo emendamento 2004/27/CE in materia di “medicinali vegetali tradizionali” si descrive “ la procedura di registrazione semplificata” ammessa per quei prodotti medicinali vegetali che “godono di una tradizione lunga e costante” che ne garantisce e certifica con l’uso la qualità, la sicurezza e l’efficacia. Si tratta in effetti di un canale semplificato (meno costoso ma comunque oneroso per alcuni produttori) per ottenere l’autorizzazione alla vendita e che dovrebbe venire incontro proprio a quelle piccole aziende che altrimenti verrebbero penalizzate.

Per il momento comunque pare che le nostre aziende preferiscano continuare a vendere i loro preparati a base di erbe secondo altre registrazioni:
1) come “integratore alimentare” (con un claim, una dichiarazione, attualmente permessa in Italia, di efficacia assimilabile a quella di un farmaco oppure senza, se l’EFSA, European Food Safety Authority, molto probabilmente, bloccherà ogni claim attribuito ad alimenti più per intenti di marketing che per effettiva validità scientifica).
2) come “dispositivo medico”, un prodotto cioè che “non eserciti l’azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi”. Le normative richiedono al produttore una serie di informazioni circa la qualità della produzione o della manifattura ma non una garanzia di efficacia e nel caso della Classe I è sufficiente un’autocertificazione, mentre per le altre classi è previsto un controllo *sulla fabbricazione e sulla sicurezza ma non sull’efficacia* da parte di un ente preposto. Diciamo che questa classe può diventare a breve lo stratagemma di mercato per abbinare il termine “medico” e non “alimentare” anche a prodotti di derivazione erboristica, senza dover necessariamente dimostrarne a priori l’efficacia secondo criteri medico-farmaceutici.

Certo si potranno sempre produrre e vendere integratori alimentari (secondo la loro normativa) ma credo che se si vorrà dire che un alimento fa bene, bisognerà produrre dati che lo provino. In caso contrario il prodotto potrà essere venduto tranquillamente ma senza vantarne proprietà benefiche per la salute!

Se quindi un’azienda desiderasse attribuire a un suo prodotto fitoterapico proprietà medicinali e definirlo, registrarlo e pubblicizzarlo come farmaco, benché vegetale, sarebbe assoggettata alla sopradetta direttiva del parlamento europeo.

Detto questo, potrebbero già sorgere dei problemi per le erboristerie e per gli erboristi (anche se con laurea triennale in Tecniche Erboristiche). Personalmente mi pongo tre domande:

1) In base alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 253/E del 2009, si possono detrarre i dispositivi medici che rientrano nella classificazione nazionale dei dispositivi medici, reperibile sul sito internet del Ministero della Salute.
Esempi di dispositivi medici sono: occhiali da vista, lenti a contatto, apparecchi per aerosol, apparecchi per la pressione, calzature ortopediche, plantari, pannoloni per incontinenza, siringhe.
Per poter fruire della detrazione del 19 per cento per tali spese occorre la prescrizione medica oppure un’autocertificazione che attesti la tipologia del prodotto e la patologia per la quale esso viene utilizzato ovvero la finalità per la quale viene effettuato l’acquisto.
Quindi se compro un “dispositivo medico CE” formulato con piante medicinali, previo ricetta, in farmacia ottengo subito lo scontrino parlante detraibile?
Se lo acquistassi in erboristeria dovrei fare un’autocertificazione?

2) Gli erboristi che non sono nell’elenco delle professioni sanitarie (come il tecnico ortopedico, il dietista, l’odontotecnico, l’ottico, ecc.) possono vendere certi “dispositivi medici CE”, anche se a base vegetale?

3) Qualora per questi dispositivi medici vegetali (mi riferisco a sciroppi per la tosse, tavolette, gel e spray per il mal di gola, antiacidi per il bruciore e mal di stomaco, ecc. assimilabili a farmaci da banco che con prescrizione medica possono essere acquistati in farmacia usufruendo della detrazione del 19% e per i quali è ammesso fare pubblicità) non esistesse ancora individuazione dei soggetti autorizzati alla vendita, prima o poi potrebbe avvenire l’applicazione dell’art. 20 del Decreto lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 emendato col D. lgs. 25.01.2010, n.37 – Recepimento Direttiva 2007/47/CE ? (Commercio dei dispositivi – 1. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, possono essere, anche per singole tipologie di dispositivi, individuati i soggetti autorizzati alla vendita nonché stabilite le prescrizioni che devono essere osservate per assicurare che la conservazione e la distribuzione dei dispositivi stessi siano conformi agli interessi sanitari.)

Nella direttiva 2004/24/CE del parlamento europeo ed al suo successivo emendamento 2004/27/CE in materia di “medicinali vegetali tradizionali” si descrive “LA PROCEDURA DI REGISTRAZIONE SEMPLIFICATA” ammessa per quei prodotti medicinali vegetali che “godono di una tradizione lunga e costante” che ne garantisce e certifica con l’uso la qualità, la sicurezza e l’efficacia. Si tratta in effetti di un canale semplificato (meno costoso ma comunque oneroso per alcuni produttori) per ottenere l’autorizzazione alla vendita e che dovrebbe venire incontro proprio a quelle piccole aziende che altrimenti verrebbero penalizzate.

Per il momento comunque pare che le nostre aziende preferiscano continuare a vendere i loro preparati a base di erbe secondo altre registrazioni:
1) come “integratore alimentare” (con un claim, una dichiarazione, attualmente permessa in Italia, di efficacia assimilabile a quella di un farmaco oppure senza, se l’EFSA, European Food Safety Authority, molto probabilmente, bloccherà ogni claim attribuito ad alimenti più per intenti di marketing che per effettiva validità scientifica).
2) come “dispositivo medico”, un prodotto cioè che “non eserciti l’azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi”. Le normative richiedono al produttore una serie di informazioni circa la qualità della produzione o della manifattura ma non una garanzia di efficacia e nel caso della Classe I è sufficiente un’autocertificazione, mentre per le altre classi è previsto un controllo *sulla fabbricazione e sulla sicurezza ma non sull’efficacia* da parte di un ente preposto. Diciamo che questa classe può diventare a breve lo stratagemma di mercato per abbinare il termine “medico” e non “alimentare” anche a prodotti di derivazione erboristica, senza dover necessariamente dimostrarne a priori l’efficacia secondo criteri medico-farmaceutici. Ma ci si può immaginare che lo stesso metro di EFSA verrà, prima o poi, applicato anche in questo settore, su scala comunitaria.

Certo si protranno sempre produrre e vendere integratori alimentari e dispositivi medici "vegetali" (secondo le loro normative e registrazioni) ma credo che se si vorrà dire che un alimento fa bene, bisognerà produrre dati che lo provino. In caso contrario il prodotto potrà essere venduto tranquillamente ma senza vantarne proprietà benefiche per la salute!

Se quindi un’azienda desiderasse attribuire a un suo prodotto fitoterapico proprietà medicinali e definirlo, registrarlo e PUBBLICIZZARLO come farmaco, benché vegetale, sarebbe assoggettata alla direttiva del parlamento europeo e successive correzioni.
Se un giorno vorranno farlo, credo che ad alcune ditte (soprattutto erboristiche) convenga registrare i “farmaci vegetali tradizionali” con un marchio indirizzato esclusivamente alle farmacie: io ho depositato HERBIS.

Ed i dispositivi medici ce li dimentichiamo?
Interessante intervento:
http://meristemi.wordpress.com/2010/10/06/appelli-contrappelli-cappelli-e-cappellate/

Non dimentichiamoci che tra l'integratore alimentare ed il farmaco vegetale c'è il dispositivo medico!
Leggete questo interessante intervento
http://meristemi.wordpress.com/2010/10/06/appelli-contrappelli-cappelli-e-cappellate/

Incollo il mio commento, apparso sui siti dell'INAT e del SIHeN il 3 ottobre.
A me piace credere che la società umana debba basarsi sulla libertà di espressione di cervelli indipendenti e non sono propensa a condividere qualcosa di cui non conosco i termini, perché vorrebbe dire manipolazione, amica o nemica, ma sempre manipolazione. So che solleverò un polverone, ma sono abituata e pronta a leggere critiche sensate e esposte in termini civili.
I post allarmistici non mi piacciono, perché fanno leva sull'emotività in questioni in cui servono anche la ragione e l’analisi oggettiva. Dire che i rimedi vegetali “diventeranno illegali” il primo di aprile 2011 è una comunicazione terroristica.
Ecco il link sul quale potete documentarvi
mhtml:{F29F82A2-BA06-43B4-9741-426699939233}mid://00000024/!x-usc:http://eur-lex.europa.eu/Notice.do?val=343606%3Acs&lang=it&list=455349%3Acs%2C412549%3Acs%2C399669%3Acs%2C398676%3Acs%2C389840%3Acs%2C389795%3Acs%2C387610%3Acs%2C343606%3Acs%2C413888%3Acs%2C343605%3Acs%2C&pos=8&page=1&nbl=274&pgs=10&hwords&checktexte=checkbox&visu#texte

e qualche riflessione personale:

1. La direttiva è del 2004, quindi non facciamo quelli che cascano dal pero. Essa è stata recepita dall’Italia con decreti legislativi del 2006 e 2007, quindi il primo d’aprile non succederà proprio un bel niente. La direttiva va a colmare una lacuna della direttiva 2001/83/CE sui farmaci per uso umano ed è volta proprio a semplificare l’autorizzazione per i medicinali vegetali di uso tradizionale. I produttori di fitoterapici hanno avuto ben sette anni per adeguarsi!

2. La direttiva è volta a verificare la non nocività dei medicinali vegetali. Mi risulta strano che quello che tanto auspichiamo per i farmaci di sintesi non debba valere per quelli vegetali che, come tutti sappiamo, sono rimedi ponderali, nient’affatto “dolci”.

3. La direttiva riconosce il valore del medicinale vegetale tradizionalmente usato in Europa e gli dà la possibilità di essere immesso in commercio con una procedura semplificata, anche se non soddisfa i parametri richiesti al farmaco di sintesi dalla direttiva del 2001. Se la definizione appare un po’ xenofoba, ricordiamo che è ben noto quanto le erbe provenienti dall’Oriente e usate in MTC e Ayurveda siano troppo spesso inquinate da metalli pesanti. I tempi dell’uso tradizionale appaiono troppo lunghi? Be’, in effetti 15 anni non sono pochi, ma noi abbiamo piante medicinali con centinaia e centinaia di anni di uso tradizionale alle spalle!
Non sentirò la mancanza del mangostano o dell’acai e di tutte le erbe nuove, provenienti dall’altra parte del mondo, che ogni anno vengono propagandate come la panacea. La mia terra mi dà quello che serve alla mia salute, basta che cammini nella Natura. Le scuole di naturopatia farebbero bene ad insegnare ai naturopati a riconoscere le piante officinali in natura e non a divulgare le preparazioni confezionate di aziende che girano loro una percentuale su quello che acquistano gli studenti!

4. La direttiva non include i rimedi erboristici, classificati come “integratori alimentari”. Essa consente che nella Comunità i prodotti vegetali non medicinali rispondenti ai criteri della legislazione in materia di alimenti vengano disciplinati a norma di tale legislazione.

5. La preparazione della documentazione per la registrazione è costosa? Certo! Ma voi accettereste che un laboratorio producesse farmaci di sintesi senza passare sotto le forche caudine della registrazione e le vendesse in un mercato parallelo, basato sul passaparola, sul multi-level marketing, sulle vendite online?
Eppure questa tanto vituperata direttiva lo fa e accetta fra gli anni di uso tradizionale anche quelli in cui il prodotto è stato venduto senza autorizzazione. Allora, mi chiedo, dove sta il sordido intento di privarci dei medicinali vegetali?
A me il complottismo non piace, perché mi sa tanto di manipolazione. Small Pharma non è tanto meglio di Big Pharma, non è l’etica che muove il suo agire, ma il denaro e allora che investano! è il minimo che si chiede ad un imprenditore: investire per guadagnare. E’ ora che anche le aziende del “naturale” tirino fuori i soldi e registrino i prodotti!

6. La direttiva prevede un comitato europeo dei medicinali vegetali presso l'Agenzia europea di valutazione dei medicinali, il quale ha il compito di redarre monografie comunitarie sulle erbe, utili ai fini della registrazione e dell'autorizzazione dei medicinali vegetali. Da una parte quindi si ha un organo che raccoglie informazioni, dati, analisi sui medicinali vegetali e dall’altra, se un’azienda di un paese membro ha ottenuto l’autorizzazione per una certa pianta, i produttori di tutti gli altri paesi possono rifarsi alla sua documentazione, senza prepararla ex-novo. E’ chiaro che personalizzare la preparazione diventa più difficile, ma questa è la strada.

Io credo che il problema dell’altra medicina sia sempre stato e continui a essere la mancanza di ricerca scientifica, la mancanza di pubblicazioni e, se questo è vero persino per fitoterapia, pensiamo quanto grave sia tale mancanza per le medicine vibrazionali.
A me personalmente basta l’empirismo, l’uso tradizionale, ma non possiamo pretendere che sia così per tutti quelli che del nostro mondo nulla sanno.

Sono d'accordo con quanto scritto dalla Federazione Erboristi nel comunicato.

Ci sono in giro degli articoli alquanto allarmanti dicendo che l'Europa eliminerà tutte le erbe in Aprile dell'anno prossimo. Qui è la mia risposta ad un'amica che di recente mi ha posto la domanda...


Credo che l'articolo sia un po' allarmista. E' vero che la Comunità Europea ha emesso un decreto sui medicinali a base di erbe o comunque sostanze vegetali, nel 2004 ed è anche vero che l'anno prossimo finisce il periodo di transizione dal vecchio regime a quello nuovo. Ma questo non significa che le erbe che in Italia vengono vendute in erboristeria debbano sparire dal mercato.

In questi anni dall'emissione della direttiva europea sulle medicine a base di erbe, si è creata una situazione particolare qui in Italia. Prima di tutto, abbiamo un settore erboristico che fiorisce. Abbiamo anche il diploma universitario di erboristeria, con uno studio approfondito di tre anni e già moltissimi laureati. Poi, praticamente tutte le erbe che si vendono in erboristeria, sono passate sotto la direttiva sugli integratori alimentari, e vengono legalmente vendute in questo regime.

Sono pochissime le medicine alle erbe che sono state registrate sotto la nuova direttiva. Così, sebbene l'intenzione della Commissione europea nel passaggio della direttiva probabilmente era di portare tutte le erbe nel campo dei medicinali registrati, la situazione che si è creata non è minacciosa come lo fa credere l'articolo. Non mi pare che si possa vietare le erbe in erboristeria da un giorno all'altro, e non credo neanche che questo sia l'intenzione delle autorità sanitarie, almeno qui in Italia.

Non so come le cose si metteranno in altri paesi. La Francia è sempre stata più restrittiva dell'Italia sul versante delle erbe. L'Inghilterra è molto legalistica e possibilmente questo metterà in difficoltà le erbe in quel paese. La Germania è il paese che maggiormente ha spinto per il passaggio della norma europea, per salvare quel che là si chiama Naturheilmittel ovvero i rimedi naturali, i quali erano registrati come medicinali nella Germania degli anni 80 e 90, ma che poi con la revisione delle leggi sui medicinali persero la registrazione. La soluzione tedesca era questa direttiva europea. Non so quanti di questi rimedi siano stati effettivamente registrati, pare pochi.

Insomma, la situazione, perlomeno in Italia, pare ben assestata. L'erboristeria da noi non è in pericolo. Certo, tutto potrebbe succedere ma mi pare troppo presto per lanciarsi in azioni come petizioni o altro. Vediamo se ci saranno dei cambiamenti oppure se tutto rimane più o meno come è adesso.

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