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Psicofarmaci - Dov'è finita la verità?

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Dov'è finita la verità?

Egregio Direttore,
ho sentito al telegiornale la notizia del chirurgo Brandimarte di Taranto che dopo aver ucciso barbaramente la moglie e le due figlie ( di 11 e 14 anni), si è tolto la vita. Il giornalista alla fine del servizio, puntualmente, come nei tanti altri casi simili, ha concluso dicendo che il medico soffriva di depressione. La domanda che mi sono posta è stata:
"Qual' è l'antidepressivo che stava assumendo questa persona ?".

Da quando qualche hanno fa ho letto di 800 famiglie che negli USA hanno fatto causa alla casa produttrice del Prozac (un antidepressivo denominato anche "la pillola della felicità"), perché aveva indotto i loro parenti a commettere omicidio e/o suicidio. Da quando ho visto alcuni servizi televisivi americani, nei quali mariti, mogli, madri di pazienti e le stesse persone che erano state in cura con il Prozac , Ritalin , Praxil ed altri psicofarmaci, raccontavano come era cambiata la loro personalità, degli incubi , degli impulsi omicidi e/o suicidi, avuti dopo l'assunzione di tali sostanze e di quanto fossero diventate violente, mi domando: "La stessa cosa si sta ripetendo da noi, perché nessuno fa niente ?".

Perché non viene aperta un'inchiesta e fatte ricerche per accertare la relazione tra il gesto omicida/suicida commesso dalla persona e lo psicofarmaco assunto? Quanti bambini, mogli o parenti devono ancora morire prima che le autorità preposte alla tutela della salute dei cittadini facciano qualcosa a riguardo?

E' da diversi anni ormai che nel nostro paese assistiamo a stragi come quella di cui sopra, in ognuno di questi casi ci sono due fattori sempre presenti: la persona era sotto cure psichiatriche ed assumeva psicofarmaci. Perché 20, 15 anni fa queste cose non succedevano, cosa è cambiato?

Il tutto diventa inaccettabile quando si leggono i risultati di ricerche, come quella recentemente condotta dal gruppo di Irving Kirsch della Hull University assieme a canadesi e statunitensi, che dopo aver messo a confronto gli effetti di un gruppo di antidepressivi (Prozac e affini, cioè oltre alla fluoxtetina, anche paroxetina, venlafaxtina e nefazodone) con il placebo, hanno evidenziato che sono inefficaci nella cura della depressione, che sono migliori le cure alternative. E come qualche giornale ha titolato riferendosi al Prozac: "E' inutile, come una caramella". Peccato che gli gli effetti collaterali di questi psicofarmaci (allucinazioni, confusione, nausea, pensieri suicidi , ostilità, comportamento violento, per citarne alcuni di quelli scritti sui bugiardini (foglio allegato ad ogni medicina) influenzano pesantemente il paziente.

Si resta sconcertati quando legittimamente qualche giornalista solleva il sospetto che dietro tutto ciò ci sia un'operazione di marketing, vengono pubblicati studi negativi sugli psicofarmaci in questione a brevetto scaduto, quando ormai questi farmaci sono diventati generici , a costo più basso e non più fonte di grossi introiti per le case farmaceutiche, mentre contestualmente escono sul mercato nuovi farmaci sotto brevetto. (Corriere della Sera del 27/2/2008).

Si resta senza parole quando si leggono i commenti fatti dalle autorità del settore, in merito alla pubblicazione dei risultati degli studi sugli psicofarmaci , tra questi il Presidente della Società mondiale di psichiatria, Mario Maj, sul Corriere della sera del 27/3/08, che dice : " Sicuramente il peso dell'industria si fa sentire nella letteratura sui farmaci antidepressivi (...)". "Non è escluso ma nemmeno dimostrato che in questa fase il "publication bias", intervenga in senso opposto, cioè, nel senso di favorire la pubblicazione di quei dati che documentano l'inferiorità dei farmaci in scadenza di brevetto rispetto ad altri di più recente introduzione". E parlando di questa "prassi" che sembra consolidata nel settore, il "publication bias", dice che : "E' quel fenomeno per cui gli studi che portano a risultati positivi sono più frequentemente pubblicati di quelli che hanno esito negativo. Il fenomeno si spiega con la minore motivazione dei ricercatori e degli sponsor a pubblicare i dati negativi".

Alla luce di ciò non ci si può non chiedere: è scienza tutto ciò'?
Dove è finita la verità , l'oggettività e l'onestà scientifica? Questa gente si sta rendendo conto di avere a che fare con la sanità mentale e la vita di milioni di persone o pensano veramente che stanno vendendo Caramelle?

Perché medici e psichiatri prescrivono psicofarmaci nonostante sia espressamente indicato (nei bugiardini), che possono indurre la persona al suicidio? Perché non vengono immediatamente tolti dal mercato? Forse questi avvertimenti servono solo per tutelare le case farmaceutiche da eventuali azioni legali?

Prof.ssa Margherita Pellegrino
Fonte: http://www.tifeoweb.it/pws/index.php?module=article&view=2196



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7 Commenti

semplicemente le persone che assumono queste tipologia di "droghe" (sono droghe in quanto alterano l'umore della persona e l'utilizzo continuo provoca assuefazione, senza contare che alcuni, se abusati con altre sostanze, possono sortire effetti da stupefacenti con un grosso danno celebrale) non sanno più a cosa o a chi rivolgersi per risolvere problemi derivati dalle relazioni sociali con altri individui, e siccome la medicina, che è scienza e in quanto scienza è "esatta", queste persone che si sentono alla deriva si affidano o vengono affidate
(cosa ancora più grave) a dei "dottori" della mente.
Questi "dottori" (psichiatri, psicoterapeuti, psicologhi ecc.) si basano di fatto su studi scientifici i quali standardizzano la persona a vari livelli per semplificare il loro lavoro, il che mi sembra una cosa inutile partendo dal presupposto che ogni persona è unica e reagisce in relazione a se stessa e all'ambiente, sia in ambito sociale che individuale quindi la causa non
è solo la persona ma anche il contesto sociale anzi mi permetto di dire che è la causa è proprio l'ambiente circostante irto di persone che causano problemi ai quali si può solo sfuggire senza però risolverli. Gli individui "disturbati" così creano una propria barriera o una piccola fantasia per riuscire a ritagliarsi un piccolo spazio in questa società dove chi calpesta non viene penalizzato e magari lo fa anche senza accorgersene. Chi di solito assume psicofarmaci viene etichettato in vari modi tra cui anche "debole di mente", ma non sono forse quelli più forti perchè resistono e\o combattono contro se stessi e gli altri? eppure si dicono anche "disadattati", per questo devono assumere sostanze psicotiche che alterano la loro mente per riportarli nello standard di vita o almeno nel comportamento della "decenza comune" violentando nuovamente il loro pensiero e la loro persona, è qui quindi che scatta la violenza reale del contesto indotto dagli altri ma anche da queste "medicine". Fondamentalmente alle case farmaceutiche, non importa il benessere degli individui nella società ma solo le vendite di queste "droghe", dove il problema sta proprio nel potere delle industrie farmaceutiche di avere il totale controllo su questi prodotti da cui possono esonerarsi da eventuali effetti collaterali, di conseguenza lo stato non può permettere secondo la propria costituzione di lasciare morire i propri cittadini, ma siccome la terapia senza questi psicofarmaci è troppo costosa o insufficiente si taglia per le scorciatoie ovvero le "pasticche che curano la mente". Le persone (giuridiche e non) ne escono così ancora una volta vittoriose senza alcuna onta.

Tutte queste domande potrebbero avere una risposta:basta trovare le persone che nei governi (e non solo nelle case farmaceutiche)vengono avvicinate e hanno interessi a fare in modo che queste pratiche vengano portate avanti? Chi autorizza la messa in vendita di queste droghe psicotrope? Sono sempre poche e singole persone che alimentano il fuoco della distruzione,traendone profitti, altri soffrono solo di disinformazione, molti di disinteresse.
Il nuovo motto potrebbe essere: "dimmi quanti psicofarmaci hai e ti dirò come te ne andrai.
Pazzesco ma non troppo, ci sono sempre persone che vogliono "sopprimere" gli altri, sono pochi ma grazie all'indifferenza di molti, fanno quello che vogliono!
E' ora di cambiare!

Tutte queste domande potrebbero avere una risposta:basta trovare le persone che nei governi (e non solo nelle case farmaceutiche)vengono avvicinate e hanno interessi a fare in modo che queste pratiche vengano portate avanti? Chi autorizza la messa in vendita di queste droghe psicotrope? Sono sempre poche e singole persone che alimentano il fuoco della distruzione,traendone profitti, altri soffrono solo di disinformazione, molti di disinteresse.
Il nuovo motto potrebbe essere: "dimmi quanti psicofarmaci hai e ti dirò come te ne andrai.
Pazzesco ma non troppo, ci sono sempre persone che vogliono "sopprimere" gli altri, sono pochi ma grazie all'indifferenza di molti, fanno quello che vogliono!
E' ora di cambiare!

Un nuovo studio ha evidenziato che i produttori di antidepressivi come il Prozac e il Paxil non hanno mai pubblicato i risultati di circa un terzo degli studi farmacologici da loro condotti per ottenerne l’approvazione governativa, fuorviando i medici e i consumatori circa la reale efficacia del farmaco.

Negli studi pubblicati, in cui si confrontava l’efficacia dell’antidepressivo rispetto al placebo, circa il 60% dei pazienti cui veniva somministrato il farmaco presentava un significativo miglioramento della depressione, rispetto a circa il 40% di quelli che miglioravano senza assumerlo (pazienti trattati con placebo). Ma se si includono gli studi meno positivi e mai pubblicati nella letteratura scientifica, il vantaggio dell’antidepressivo sul placebo si assottiglia: il nuovo lavoro, pubblicato su The New England Journal of Medicine, evidenzia che i farmaci risultano ancora migliori del placebo, ma con una differenza modesta.

Una precedente ricerca aveva trovato un simile errore statistico nei confronti dei risultati ritenuti positivi per una varietà di farmaci; e molti ricercatori avevano posto in dubbio l’efficacia degli antidepressivi. Questa nuova analisi, che rappresenta una revisione dei dati ottenuti da 74 studi con l’impiego di 12 farmaci, è la più approfondita e aggiornata. E riesce a documentare una grande differenza: mentre il 94% dei lavori con risultati positivi trovarono il modo di giungere alla pubblicazione, di quelli con risultati deludenti o incerti solo il 14% è stato pubblicato.

Questa scoperta probabilmente infiammerà a lungo un dibattito sul modo in cui devono essere riferiti i dati ottenuti dagli studi sui farmaci. Nel 2004, dopo che si venne a sapere che non erano stati pubblicati gli studi con risultati negativi, un gruppo di importanti riviste mediche si trovarono d’accordo nell’interrompere la pubblicazione degli studi clinici che non fossero stati registrati in un database pubblico. Gruppi commerciali, rappresentanti le più importanti case farmaceutiche, annunciarono che le industrie avrebbero iniziato a rilasciare più rapidamente i dati degli studi, sul loro proprio database, clinicalstudyresults.org.

E lo scorso anno, il Congresso ha approvato una legge che ha puntualizzato il tipo di studio e l’accuratezza dell’informazione che deve essere inviata al clinicaltrials.gov, un database pubblico gestito dalla National Library of Medicine. Il sito della Food and Drug Administration (FDA) fornisce un limitato accesso a recenti rassegne degli studi farmacologici, ed i critici ritengono che la navigazione del sito sia un’impresa ardua.

“Questo è uno studio molto importante per due ragioni” ha detto il Dr. Jeffrey M. Drazen, editore del The New England Journal. “Una è che quando si prescrive un farmaco, vorremmo essere sicuri di ragionare con i migliori dati disponibili; voi non comprereste della merce conoscendo solo 1/3 della verità su di essa”.

La seconda ragione è che “si deve avere rispetto delle persone che hanno accettato di sottoporsi alla sperimentazione in uno studio clinico”.

“Queste persone si sono sottoposte ad un certo rischio nel partecipare allo studio, e poi la casa farmaceutica nasconde i risultati?” – si domanda.

Alan Goldhammer, vice presidente per le questioni normative alla Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, ha detto che il nuovo studio si è dimenticato di ricordare che l’industria e il governo hanno già preso provvedimenti per rendere più trasparente l’informazione sugli studi clinici. “Il lavoro si basa su dati precedenti il 2004, e da allora noi abbiamo messo a riposo il mito che le aziende hanno qualcosa da nascondere” – ha continuato.

In questo studio, un gruppo di ricercatori ha iniziato con l’identificare tutti gli studi sugli antidepressivi presentati alla FDA per ottenere l’approvazione dell’agenzia dal 1987 al 2004. Negli studi sono stati coinvolti 12.564 pazienti adulti con lo scopo di valutare l’efficacia di farmaci come il Prozac della Eli Lilly, lo Zoloft della Pfizer e l’Effexor della Wyeth.

Per i farmaci approvati più recentemente, i ricercatori ottenevano i dati mai pubblicati dal sito della F.D.A. Per quelli più vecchi, essi sono andati a scovare copie cartacee di studi mai pubblicati tramite colleghi o usando il Freedom of Information Act. Hanno inoltre scritto alle case farmaceutiche che hanno condotto gli studi per chiedere se eventualmente fossero stati pubblicati.

Gli autori hanno trovato che 37 dei 38 studi che l’FDA ha potuto vedere e che avevano risultati positivi erano pubblicati su riviste scientifiche. L’agenzia ha potuto analizzare 36 altri studi con risultati fallimentari o non convincenti, dei quali solo 14 erano stati pubblicati.

Ben 11 di questi 14 articoli “davano l’idea di un risultato positivo” che non trovava però alcuna giustificazione dopo un’approfondita revisione dell’FDA, dice il primo autore dello studio, il Dr. Erick H. Turner, psichiatra ed ex recensore per l’FDA, attualmente impiegato alla Oregon Health and Sciences University e al Portland Veterans Affairs Medical Center. I suoi co-autori sono ricercatori della Kent State University e della University of California, Riverside.

Il Dr. Turner afferma che il riportare, dopo averli selezionati, solo gli studi favorevoli provoca delusione nei pazienti. “Il fatto è che, io penso, le persone che desiderano prendere un antidepressivo dovrebbero essere più guardinghe nell’assumerlo, e non rimanere colpite se non funziona o credere che sia un farmaco sbagliato per loro”.

Per i medici, ha aggiunto “Ora possono smettere di chiederci ‘com’è che questi farmaci sembrano funzionare così bene in tutti gli studi e io non ottengo la stessa risposta?’”.
Il Dr. Thomas P. Laughren, direttore della divisione dei prodotti psichiatrici alla FDA, afferma che l’agenzia si è da molto tempo resa conto che gli studi con risultati favorevoli sono quelli pubblicati con maggiore probabilità nei giornali scientifici. “E’ un problema con cui stiamo combattendo da anni” ha dichiarato in un’intervista. “Non ho alcun problema ad accedere pienamente a tutti gli studi clinici; la questione per noi è come fare a mettere tutto dentro un foglietto illustrativo del farmaco”.

Il Dr. Donald F. Klein, professore emerito di psichiatria alla Columbia, ritiene che i produttori di farmaci non siano i soli ad essere riluttanti a pubblicare risultati non convincenti. Le riviste scientifiche, e anche gli stessi autori, possono lasciar cadere studi che sono deludenti. “Se quelli sono dati che hai conservato privatamente, e non ti piacciono i risultati che ne vengono fuori, insomma, non dovrebbe sorprendere che alcuni medici non presentino questi studi”.

Fonte: www.nytimes.com

si vede che nn avete mai avuto la depressione... ma che cazzo avete in testa i criceti che girano?
sono d'accordo che le case farmaceutiche comandano un po' troppo ma da qui a dire che gli psicofarmaci nn servono ce ne passa un bel po'
se i medici di famiglia si permettono di prescriverli gratuitamente o gli psichiatri entrano alla specializzazione con il calcio nel culo bella forza che nn li sanno usare
ma sono utili se correttamente utilizzati

prima di dare il via a teorie campate per aria andate nei centri a vedere i veri pazienti come si trattano e come riescono ad uscire dalla depressione!!!!!

..perchè il Prozac come il Champix/Chantix serve ancora per uccidere coloro che vogliono smettere di fumare cioè i fumatori e non solo gli obesi, gli antidepressivi servono solo alle case farmaceutiche per incrementare i loro introiti e assicurarsi nuovi Malati da curare-

cordiali saluti

Ma nessuno si è mai chiesto perchè i moltissimi psichiatri che prescrivevano il Prozac a profusione, non si erano mai accorti che non serviva a niente? E il prof. "Michele Campanelli, psichiatra e psicoterapeuta, presidente del Cidap, centro italiano disturbi alimentari psicogeni, direttore del Cepi, centro europeo di psicoterapia integrata e vicerettore (a marzo sarà nominato rettore) della Università Ekoforum For Peace delle Nazioni Unite."(APCOM 27/02/2008)Secondo Campanelli, è "verissimo che la fluoxetina è inefficace come antidepressivo, che si tratta di un flop, ma gli esperti sbagliano quando generalizzano, perchè si tratta di un farmaco eccellente contro la bulimia e per frenare in genere i disturbi alimentari". Io mi domando perchè il prof. Campanelli si sia astenuto dal dire prima questa cosa, e perchè, STRANAMENTE, esca dopo poche ore dalla pubblicazione della ricerca che ha dimostrato inutile il PROZAC, a dire che da OTTO ANNI (non pochi mesi) ha condotto una ricerca su pazienti con disturbi alimentari, grandi obesi, nella cui patologia il prozac ha dato risultati eccellenti. Mi sembra molto un ripiego per dire: non buttiamo nella spazzatura il prozac (può rendere ancora parecchi milioni), ma troviamogli un nuovo utilizzo.

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