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Proibizionismo: Fini come Bellarmino?

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Fini come Bellarmino?
di Antoine Fratini - Presidente dell’Associazione Europea di Psicoanalisi


Pochi giorni fa un’altra triste, tragica notizia: la legge sulla droga voluta da Fini e compagni è finalmente stata approvata e diviene quindi operante. I giovani dovranno imparare e alla svelta che con Fini e con questo governo non si scherza! E’ però fin troppo facile presagire che questa operazione produrrà un vero disastro. Questo, principalmente per due motivi.

Primo, perché abolendo volutamente la distinzione tra droghe leggere e pesanti, si mente ai cittadini negando di fatto i risultati di una considerevole mole di studi tossicologici compiuti al riguardo che indicano fuori da ogni dubbio l’assoluta irrilevanza degli effetti negativi sul fisico di marijuana e derivati. La tossicità complessiva della cannabis è una delle più basse fra sostanze medicinali e non. “se non c’è differenza, o se tale differenza è derisoria, come mi si dice, allora tanto vale provarle tutte, prendere quelle che mi capitano…” Ecco uno dei possibili e probabili ragionamenti implicati da questa legge e da questo tipo di comunicazione malata che molti giovani, tipicamente abbastanza noncuranti dei pericoli dell’illegalità, si sentiranno legittimati a fare.

Secondo, perché quei consumatori, giovani e meno giovani, trovati in possesso di una modica quantità di stupefacenti leggeri ad uso personale verranno obbligati a seguire, se vogliono evitare la pena detentiva, un trattamento di tipo sanitario, anche se usano droga leggera innocua per la salute e priva di assuefazione (contrariamente all’alcol, per esempio) e anche se loro stessi non si ritengono affatto malati o bisognosi di cura. Come non notare la raggelante rassomiglianza tra codesto tipo di intervento e il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) che ha storicamente stigmatizzato e deteriorato prima a suon di elettrochoc e camicie di forza, poi di psicofarmaci, la condizione morale e psicologica di innumerevoli vittime?! Proviamo ora a considerare la questione da un altro punto di vista, quello degli addetti ai lavori. Che cosa dovrebbero ben dire psichiatri e psicologi ad un paziente, magari trenta o quarantenne, mandato loro dallo Stato contro la propria volontà e perché trovato in possesso di cannabis per uso personale? C’è purtroppo da scommettere che essi non si limiteranno a fargli la morale! Come le streghe ai tempi dell’inquisizione venivano prima forzate a confessare il loro stato di possessione ad opera del demonio e poi a pentirsi “sinceramente” nella speranza (spesso vana, purtroppo) di evitare il peggio (vale a dire il rogo), così il nuovo tossicomane di Fini verrà prima forzato a confessare il proprio stato di malattia e poi a pentirsi portando a termine “con sincerità” il “programma di recupero” (chimico, psicoterapeutico o di entrambi i tipi) nell’intento di evitare il peggio (cioè il carcere).

La libertà di cura dovrebbe rappresentare, come asserisce giustamente Thomas Szasz, prof. di psichiatria all’Università di New York e membro dell’Associazione Europea di Psicoanalisi, uno dei principi cardini del liberismo e di uno stato sociale avanzato:

“I due principi cardini del credo liberale consistono nell’affermazione del diritto di padronanza sul proprio corpo e sulla propria mente e la proibizione delle misure violenti. La persona che compera e assume droga – come la persona che rifiuta di assumere una droga che uno psichiatra vuole farle assumere – sta esercitando quel diritto elementare sulla padronanza del proprio corpo e della propria mente. La persona che compera droga non sta commettendo nessun atto di violenza. Ogni medico e ogni psichiatra che non ripudia esplicitamente queste nostre leggi sulla droga e partecipa al “trattamento” forzato dei “tossicomani” e dei “consumatori di droga” si rende colpevole di violazione dei diritti umani basilari riguardanti la libertà di uomini e donne.

Invece, noi stiamo progressivamente assistendo a quello che non esiterei a chiamare una manipolazione degli individui da parte dello strapotere di un governo padrone dell’informazione. Lo psicanalista francese Jacques Alain Miller, uno dei più eminenti intellettuali a livello mondiale, ha coniato a tale proposito l’indovinata ma forte, allarmante espressione “igienismo autoritario”.
La felicità in pastiglia portata avanti secondo una logica assoggettata alla tecnica chimica e terapeutica, che proibisce certe sostanze e ne prescrive altre in nome dell’efficienza e a vantaggio, si spera, del sistema… Tanto per fare un esempio, il Ritalin consta ben 2900 effetti collaterali ma è consigliato e somministrato ai bambini un po’ troppo agitati nelle scuole, per non parlare dell’effetto placebo dello Seroxat sui bambini depressi. L’innocua marijuana invece è ora severamente proibita e il suo consumo viene punito con una pena che va da uno a sei anni di carcere (o il “recupero forzato” in comunità).

Pian piano, assistiamo ad una preoccupante ingerenza dello Stato Terapeutico (come lo chiama Szasz) nelle vicende intimi dei cittadini. Veramente non siamo distanti dai tetri scenari illustrati dai film di fantascienza alla Blade Runner dove i protagonisti si ritrovano a dovere combattere contro sistemi politici che tentano di governare, mediante il possesso dell’informazione e le tecnologie avanzate (chimiche e non), il loro destino.

I migliori risultati nella lotta e nella prevenzione della tossicomania si hanno in paesi come la Olanda che da molti anni ha capito che la non distinzione è nemica dell’intelligenza e ha effetti controproducenti. La legalizzazione in Olanda della cannabis ha fatto registrare infatti un calo dei consumi dal 1976 al 1989 dal 3% al 2% per i ragazzi di 15/16 anni, e dal 10% al 6% per i ragazzi di 17/18 anni.

Occorre avere il coraggio di dire a voce alta e chiara che questa legge è una vergogna e fa compiere un grande passo indietro al paese. Tale vergogna si accompagna purtroppo da un’altra rammaricante constatazione: soltanto timide manifestazioni di protesta e per lo più compiuti da organismi minori senza il sostegno dei grandi partiti politici del paese. Basta digitare “legge fini” sui motori di ricerca in internet per rendersene conto. Oggi, sembra che nessun organo politico o di informazione importante si sogni di discutere animatamente su punti che non comportano o che vanno contro il vantaggio economico, anche solo immaginario, della gente. La maggioranza parla di soldi, l’opposizione si accontenta di rispondere con la stessa moneta! E’ la débacle dei valori già denunciati molti anni or sono persino da film leggeri soltanto all’apparenza come Il maestro di Vigevano di Elio Petri con un Alberto Sordi curiosamente drammatico.

Questa legge Fini è vergognosa non perché l’uso di stupefacenti vada incitato o protetto, ma per le ragioni esposte più sopra e che sono di ordine etico e politico.

Antoine Fratini
Presidente dell’Associazione Europea di Psicoanalisi
http://www.aepsi.it

1 - Giancarlo Arnao, cannabis, uso e abuso, stampa alternativa 1993
2 - Thomas Szasz, Prendere le leggi sulle droghe seriamente, www.aepsi.it 2004
3 - Massimo Recalcati, strategie di controllo sulle vie della felicità, in Il Manifesta 21/02/2004
4 - Claudio Ajmone, Libertà e salute mentali in Babele N°23 2003
5 - Lo seroxat inefficace sui bambini, BBC news 02/03/2004
6 - Giancarlo Arnao, Op.cit.



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