Article reference: http://www.laleva.org/it/2015/09/ignorantia_legis_non_excusat_intervista_allavvocato_roberto_mastalia.html

IGNORANTIA LEGIS NON EXCUSAT. INTERVISTA ALL’AVVOCATO ROBERTO MASTALIA

IGNORANTIA LEGIS NON EXCUSAT. INTERVISTA ALL’AVVOCATO ROBERTO MASTALIA PER CONTRASTARE LA FUORVIANTE MALAINFORMAZIONE. UNO SQUARCIO DI LUCE TRA LE TENEBRE DEL BUGIARDO OPPORTUNISMO

Fonte: http://www.vacciniinforma.it/?p=3181

Pubblichiamo questa settimana l’intervento dell’Avv. Roberto Mastalia su uno dei temi più “caldi” per le famiglie relativamente alle vaccinazioni cioè il dissenso o obiezione alle vaccinazioni.

Più volte, in passato, in seguito a decine e decine di segnalazioni, avevamo sollecitato un suo intervento sull’argomento in modo tale da definire, una volta per tutte, la problematica ma, causa i suoi molteplici impegni e soprattutto la sua volontà di evitare polemiche, aveva sempre declinato gentilmente i nostri inviti.

Oggi, dopo avergli segnalato l’aumento di indicazioni fuorvianti e che potrebbero aggravare anziché alleggerire la posizione delle famiglie, si è finalmente persuaso a darci la sua opinione.

Prima di procedere vorremmo spendere due righe per conoscere meglio il suddetto professionista.

L’avvocato Roberto Mastalia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Perugia. Fin dall’inizio della professione la sua attività si è indirizzata verso cause relative alla malasanità ed alla tutela delle disabilità; argomenti per i quali ha dimostrato da sempre grande interesse. Da anni la sua attività si è incentrata nello studio delle problematiche connesse con i danni da vaccino in generale (sia indennizzo ex lege 210/92, conseguenti e collegate sia risarcimento del danno) con particolare attenzione, anche per motivi personali, per l’Autismo. La sua preparazione ed il suo impegno ne fanno uno dei maggiori esperti della materia a livello nazionale, molto apprezzato dai migliori specialisti medici con i quali collabora. Attualmente segue decine di cause di indennizzo e di risarcimento danni da vaccino davanti ai tribunali di tutta Italia, collabora con numerose pubblicazioni e siti internet e partecipa a convegni su tutto il territorio nazionale.


I suoi preziosi consigli circolano sul web grazie all’ausilio di molti volontari.
Di seguito l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato.

  • PERCHE’, DOPO AVER DECLINATO PIU’ VOLTE GLI INVITI, SI E’ FINALMENTE CONVINTO AD AFFRONTARE DI NUOVO QUESTO ARGOMENTO?

In questi anni, sia personalmente che per il tramite degli amici ed amiche con i quali collaboro, ci è stata posta centinaia di volte la domanda relativa a quale sia il corretto iter di dissenso o “obiezione” da seguire per evitare o ritardare le vaccinazioni.
Talvolta il quesito è stato posto in sé per sé da parte di genitori, familiari o diretti interessati (quando maggiorenni) completamente all’oscuro delle relative procedure; molto più spesso invece, soprattutto in questi ultimi anni vuoi in seguito all’aumento dell’interesse in questo campo vuoi a causa del proliferare di siti internet, blog, pagine e/o gruppi Facebook ed articoli vari, il quesito è stato posto mettendo a confronto diversi “approcci” al fine di ricercare quello più corretto e che comunque potesse meglio rispondere alle esigenze di sicurezza e tranquillità delle famiglie.

  • QUALI SONO LE VACCINAZIONI PEDIATRICHE PER LE QUALI E’ NECESSARIO EFFETTUARE LA PROCEDURA DI DISSENSO?

Ancor oggi nel nostro Paese, nonostante le ASL e diversi siti ufficiali parlino della scomparsa delle vaccinazioni “obbligatorie”, in realtà la vigente normativa continua a definire come obbligatorie le seguenti quattro vaccinazioni:
– Vaccinazione anti Difterica (D) ex lege n. 891/1939 ;
– Vaccinazione anti Tetanica (T) ex lege n. 292/1963 ;
– Vaccinazione anti Poliomielitica (IPV) ex lege n. 51/1966 ;
– Vaccinazione anti Epatite B (Ep B) ex lege n. 165/1991 .

Un discorso a parte, alla luce delle modifiche legislative intervenute negli ultimi anni, va però fatto in ordine all’obbligatorietà della vaccinazione anti Difterite di cui alla Legge n. 891/1939.

Con D.Lgs. 01.12.2009 n. 179 , definito primo decreto “Taglia leggi”il legislatore ha voluto dare una “sfoltita” all’imponente mole di norme le quali, seppur prive di senso ancor prima che di applicazione in un Paese già poco incline ad applicare anche quelle realmente vigenti, continuavano ad essere teoricamente in vigore.
Tra le norme sottratte all’abrogazione vi sono sia la Legge n. 292/1963 che ha introdotto la vaccinazione obbligatoria anti Tetano sia la Legge n. 51/1966 che ha introdotto la vaccinazione obbligatoria anti Poliomielite mentre non è possibile rinvenire alcun riferimento alla Legge n. 891/1939 che aveva introdotto l’obbligatorietà della vaccinazione anti Difterite.
L’anno successivo, il legislatore ha quindi proseguito con la sua opera di sfoltimento normativo per mezzo del D.Lgs. 13.12.2010 n. 213 che ha però introdotto dei correttivi introducendo una serie di norme in precedenza dimenticate tra le quali però non figura la predetta Legge n. 891/1939.
Conseguentemente, riteniamo che allo stato attuale la Legge n. 891/1939 che aveva reso obbligatoria la vaccinazione anti Difterite sia stata abrogata con conseguente venir meno del relativo obbligo vaccinale anche se nessuno sembra essersene accorto.
Considerato poi che all’atto dell’entrata in vigore delle predette norme non esistevano ancora le vaccinazioni “coniugate”, costituite da vaccini diversi ed eterogenei raggruppati all’interno di un unico prodotto (introdotte negli anni ’90), le normative di cui sopra prevedono l’obbligo di effettuare le vaccinazioni ma non certo di effettuarle attraverso prodotti coniugati.
Per essere ancor più chiari ed entrare quindi nel “pratico” se vi è un obbligo di effettuare le singole vaccinazioni non vi può essere alcun obbligo di effettuare quella che è attualmente la vaccinazione esavalente (Infanrix Hexa®) o, in precedenza, quella tetravalente.

  • Quindi, è nel pieno diritto di ciascuno, diretto interessato o genitore, richiedere comunque che le vaccinazioni vengano somministrate singolarmente, rispettando un congruo intervallo temporale tra l’una e l’altra.

Trattandosi di vaccinazioni obbligatorie, inoltre, a fronte di una precisa richiesta degli interessati di avere singole somministrazioni, l’onere di reperire i relativi prodotti passa in capo al SSN che è a sua volta obbligato a reperirli; in caso contrario, ogni eventuale responsabilità in ordine a ciò che potrebbe accadere al bambino, ricadrebbe in capo allo stesso SSN ed in particolare alla ASL di competenza.

Tutte le altre vaccinazioni pediatriche:
  • anti Haemophilus Influenzae B (HIb), Pertosse (Pa), Meningococco B (Men B), Meningococco C (Men C), Pneumococco (PCVsono invece “facoltative” o, come definite più recentemente, “raccomandate”.

Conseguentemente, se è opportuno e doveroso instaurare una procedura di dissenso o “obiezione” relativamente alle vaccinazioni “obbligatorie”, non vi è invece alcun onere né tanto meno obbligo relativamente a quelle “raccomandate”.

Contrariamente a quanto riportato da alcuni, allo stato attuale non esiste alcuna vaccinazione pediatrica coniugata eptavalente che ricomprenda in un unico prodotto, oltre ai quattro vaccini obbligatori, anche anti Pertosse, Haemophilus Influenzae B e Meningococco: l’unico vaccino pediatrico eptavalente in commercio è stato, fino a pochi mesi orsono, il vaccino antipneumococco Prevenar 7® contenente sette diversi ceppi di pneumococco, oggisoppiantato dal Prevenar 13®.
A meno che non ci voglia riferire al vaccino eptavalente veterinariocontenente virus del Cimurro (Morbillivirus responsabile di segni respiratori e neurologici), virus dell’Epatite (Adenovirus tipo 1 con predilezione all’apparato gastro-intestinale), Parvovirosi (Parvovirus responsabile di una grave forma gastro-intestinale), Parainfluenza (adenovirus tipo 2 che in associazione ad altri agenti patogeni è responsabile della c.d. tosse dei canili o tracheobronchite infettiva) e Leptospirosi (infezioni sostenute da batteri del genere leptospira ad interessamento renale e gastro-intestinale).

  • IN COSA CONSISTE LA PROCEDURA DI DISSENSO O OBIEZIONE, QUANDO E’ OPPORTUNO EFFETTUARLA E CON QUALI MODALITA’?

Quella del dissenso o “obiezione” è la procedura attraverso la qualesi rende noto alle istituzioni l’intenzione di non sottoporre sé stessi o, più spesso, i propri figli alle vaccinazioni “obbligatorie”.
La procedura di dissenso che consiglio alle famiglie, al fine di evitare loro per quanto possibile motivi di contrasto con le istituzioni è quella che prevede di attendere l’arrivo di una raccomandata da parte della ASL di competenza prima di muoversi.
Di norma, le ASL inviano dapprima alle famiglie una serie di inviti “informali” per posta prioritaria ma noi consigliamo sempre di attendere l’arrivo della raccomandata prima di muoversi.
Una volta ricevuta tale raccomandata, che può contenere semplicemente l’invito a vaccinare oppure anche l’indicazione della disponibilità ad un colloquio, consiglio di inviare alla ASL un proprio modulo di dissenso informato con il quale:

  1. Palesare l’intenzione di non vaccinare il proprio figlio o di non proseguire nelle vaccinazioni già avviate;
  2. Indicare i motivi, sia legali che medici (generici e specifici sia relativamente all’interessato che ai suoi familiari) per i quali non si intende vaccinare.

Considerata l’oggettiva difficoltà, anche per un genitore capace oltre che interessato, di mettere nero su bianco una tale mole di argomenti anche eterogenei tra loro, al fine di agevolare le famiglie ed a titolo assolutamente gratuito, grazie ai volontari all’inizio citati,mettiamo da anni a loro disposizione un nostro modulo di dissenso che racchiude in sé tutte le motivazioni ritenute da noi serie ed una serie di considerazioni ed eccezioni che riteniamo siano oggettivamente contestabili al SSN.
Il suddetto modulo di dissenso prevede inoltre alcune parti che debbono essere necessariamente “personalizzate” dalla famiglia non solo con i dati del bambino e dei genitori ma soprattutto con una parte che riguarda l’anamnesi personale e familiare nella quale evidenziare eventuali reazioni avverse precedenti, la presenza di patologie autoimmuni, allergie ed intolleranze in famiglia oltre che di amalgami dentali di vecchio tipo (quelle contenenti metalli) nei genitori ed in particolare nella mamma: circostanze, queste, che potrebbero evidenziare una maggior predisposizione del bambino a sviluppare patologie autoimmuni e ad essere quindi danneggiato dalle vaccinazioni.
Una volta ultimata la “personalizzazione” del modulo, anche eliminando o inserendo proprie considerazioni, questo dovrà essere inviato per raccomandata a.r. alla ASL di competenza.

Qualora gli interessati fossero stati invitati ad un colloquio,invitiamo gli stessi a parteciparvi portando con sé una copia del dissenso precedentemente inviato sia perché molto spesso i vari uffici pubblici non interagiscono tra loro per cui potrebbero non essere a conoscenza di esso, sia per poter fare espressamente riferimento ad esso in ordine alle motivazioni che hanno indotto i genitori a non vaccinare il proprio figlio.

  • IN VARI SITI O PAGINE PRESENTI SUL WEB, SI LEGGE DELLA NECESSITA’ PER LA FAMIGLIA DI MUOVERSI PRIMA DELL’ARRIVO DELLA RACCOMANDATA SIA PERCHE’ LA ASL NON SAREBBE TENUTA AD INVIARLA SIA PERCHE’, NON PALESANDOSI, POTREBBERO ESSERE CONSIDERATI COME INADEMPIENTI; COSA C’E’ DI VERO?

Premesso che ciascuno è libero di comportarsi come meglio crede, di palesarsi ancor prima di ricevere la raccomandata e, paradossalmente, di andare a parlare con la ASL di riferimento ancor prima di concepire il proprio figlio, ritengo opportuno precisare alcuni passaggi fondamentali.
Si legge spesso la locuzione “Obiezione attiva” sulla quale, in linea di principio, non ho alcuna obiezione.
Le obiezioni però iniziano a sorgere nel momento in cui andiamo ad approfondire cosa intendano gli uni piuttosto che gli altri per “attiva”: secondo alcuni la presunta “attività” dell’obiezione risiederebbe nell’obbligo o onere in capo ai genitori di palesare quanto prima alla propria ASL l’intenzione di non vaccinare il proprio figlio, a prescindere dal comportamento tenuto dalla ASL; per quanto mi riguarda, invece, risiede nel palesare le proprie intenzioni ma solo nel momento in cui ciò è necessario ovvero dopo – ed a patto che – la ASL ha dapprima adempiuto ai propri oneri, così come previsti per legge.
-In ordine all’invio o meno della raccomandata.
Le vigenti disposizioni normative sia nazionali che regionali impongono dapprima alle ASL di inviare alle famiglie una serie di inviti per posta prioritaria .
Naturalmente, trattandosi di posta prioritaria, non vi è alcuna prova né dell’invio della stessa da parte della ASL né tantomeno del suo ricevimento da parte della famiglia.
Contrariamente a quanto affermato da qualcuno, non esiste alcuna sedicente “presunzione di diritto pubblico” in favore della ASL in quanto in diritto (pubblico, privato, penale etc.) l’onere della prova è sempre a carico di chi afferma una circostanza per cui è la ASL a dover provare di avervi comunicato l’invito e non viceversa voi a dover provare di non averlo ricevuto e può farlo solo attraverso una raccomandata come espressamente previsto dalle medesime disposizioni .

In futuro, la ASL potrebbe ovviare a ciò inviando una posta elettronica certificata (pec) ma perché questa abbia lo stesso valore di una raccomandata occorre che sia inviata tramite due indirizzi pec per cui, stante da una parte la scarsa attitudine degli uffici pubblici a farne uso e dall’altra la mancanza di pec nel 95% delle famiglie italiane, ci vorranno ancora anni ed anni per adeguarsi.

-In ordine alla presunta inadempienza ante raccomandata.

Prima dell’arrivo della raccomandata, quindi, le famiglie non possono essere in alcun modo ritenute inadempienti.

Secondo alcuni potrebbero essere considerate inadempienti in base al principio giuridico ignorantia legis non excusat ovvero, tradotto, “la legge non ammette ignoranza”.

In primo luogo va precisato come tale brocardo latino in diritto trovava, logicamente, la sua ragion d’essere soprattutto in ambito penale essendo espressamente previsto all’art. 5 del codice penale(Codice “Rocco”): “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”, mentre la sua applicabilità alle altre branche del diritto è sempre stata più labile stanti le molteplici varianti dello stesso e l’estrema (eccessiva) produzione normativa del legislatore italiano.

In realtà, persino la previsione di cui all’art. 5 del c.p. ha trovato, col passare del tempo, una sua mitigazione grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 364/88 (*1) con la quale la Consulta ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p. nella parte in cui non prevede l’ignoranza inevitabile della legge penale che può dipendere, per esempio, da fattori soggettivi, come una carenza di competenze del cittadino nel comprendere correttamente il testo normativo, l’analfabetismo etc. oppure da fattori oggettivi, come l’eccessivo numero di leggi, le loro successive modifiche, la loro difficile reperibilità sia nelle riviste giuridiche che in rete etc..

Conseguentemente, parlare di ignoranza inescusabile relativamente a procedure, come quelle delle vaccinazioni, che:

(*1) Corte Costituzionale, sentenza n. 364 del 23-24.03.1988, Presidente Saja, G. U. 30.03.1988, n. 13, in http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1988&numero=364

– Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2012-2014[1]contenente il “Calendario vaccinale per la Vita”, denominazione “stranamente” simile alla definizione data da Sanofi Pasteur al proprio ramo di attività che si occupa di vaccini – “I vaccini per la vita”– viene infatti approvato con intesa Stato-Regioni su proposta di alcune sigle professionali quali SItI, FIMMG e FIMP[2].

– Il PNPV viene modificato periodicamente.

– La popolazione, come ben sanno le istituzioni preposte, non è assolutamente in grado di conoscere modalità, tempi e tipologia di vaccini da effettuare; tanto è vero che le stesse normative nazionali e regionali in materia prevedono l’onere, anzi l’obbligo, per le ASL di provvedere ad effettuare le comunicazioni in modo tale da avere la prova di averle effettuate.

Ancora più ridicola, oltre che priva di rilevanza giuridica, è quindi l’affermazione che il comportamento “attendista” non sarebbe classificabile come obiezione ma piuttosto come “fuga o inerzia”; francamente, ritengo che queste considerazioni possano essere fuori luogo persino nelle cd “chiacchiere da bar”, figuriamoci in altre sedi.

Conseguentemente, la definizione dell’obiezione come “attiva” non dipende dal fatto che le persone si dimostrino “attive” ancor prima che sorga un reale onere nei loro confronti quanto piuttosto che lo siano, intelligentemente quanto logicamente, con il sorgere di un reale onere nei loro confronti, corrispondente al momento successivo la consegna della raccomandata: fino a qual momento, infatti, non essendovi alcuna prova né dell’invio della posta prioritaria né tantomeno del suo ricevimento da parte della famiglia, non sorge in capo ai genitori alcun onere o obbligo di palesare le proprie intenzioni.

[1] Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (Pnpv) per il triennio 2012-2014, approvato con Intesa Stato-Regioni nella seduta del 22.02.2012 e pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 12.03.2012, dovrebbe rappresentare lo strumento tecnico operativo e fungere da base di riferimento all’accordo tra Stato e Regioni sul tema del diritto alla prevenzione delle malattie, contribuendo ad uniformare l’accesso alla vaccinazione e la copertura vaccinale sul territorio nazionale.

[2] Vale la pena ricordare gli scandali che negli ultimi anni hanno colpito alcune di queste sigle come quello che ha investito la FIMP per la “leggerezza” con la quale veniva concesso il marchio, oltre al fatto che alcuni membri dei relativi board scientifici – per loro stessa pubblica ammissione – sono a libro paga delle più importanti case farmaceutiche produttrici di vaccini.

Parlare di presunta commissione di un non meglio precisato “illecito” in caso di mancata attivazione prima del ricevimento della raccomandata non solo è contrario alla vigente normativa ma è assolutamente assurdo.

Personalmente, ritengo che chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il diritto, anche senza essere avvocato, sia in grado di rendersi conto da solo sia delle castronerie scritte in precedenza che di quanto segue, ovvero:

a) l’attività protocollare delle pubbliche amministrazioni – comprese le ASL – qualora non sia accompagnata da una raccomandata, ha valore meramente interno e non certo erga omnes. Diversamente, la P.A. non avrebbe alcun bisogno di inviare raccomandate o di effettuare notifiche a mani per mezzo dei propri incaricati (Polizia Municipale) anche per inviare documenti di altra natura come per esempio un’ordinanza di sgombero, di ripristino o di demolizione. Se la P.A. avesse inviato ordinanze di demolizione per posta prioritaria, confidando nella validità del proprio registro, tutti i più grandi scempi urbanistici perpetrati nel nostro Paese negli ultimi cinquant’anni sarebbero ancora là o comunque non sarebbero nemmeno iniziate le procedure per la loro rimozione come nel caso di Punta Perotti a Bari o dello “Amalfitana Hotel” meglio noto come “Fuenti”;
b) Parlare di “querela di falso” in questo caso, dal punto di vista meramente giuridico, costituisce un vero e proprio “scempio”, paragonabile agli ecomostri indicati in precedenza. Senza considerare poi che: la valenza dell’operato dell’incaricato di pubblico servizio non è in alcun modo paragonabile a quella del pubblico ufficiale per cui l’utilizzo della congiunzione “e/o” è assolutamente aberrante dal punto di vista giuridico; anche nel caso di pubblico ufficiale, come ribadito più volte dalla Suprema Corte anche in caso di verbali relativi alla circolazione stradale, non sempre gli accertamenti del P.U. sono suscettibili di fare prova piena fino a querela di falso ma solo in alcune circostanze;
c) I richiami inappropriati alla mancata previsione dell’obbligo di invio della raccomandata in norme – come la “L. Bassanini – dal TUEL, dalla L. 241/1990, dalla recentissima riforma delle certificazioni del Governo Monti” o alla “prassi” non debbono trarre in inganno perché, come visto in precedenza, dietro questa imponente “cortina di fumo” pseudo-giuridica, non vi è alcun “arrosto” previsto invece da apposite norme. E’ chiaro che non tutti gli avvocati, il sottoscritto in primis, possono essere onniscienti ma sarebbe quantomeno opportuno e doveroso, prima di lanciarsi in certi strali, approfondire un argomento così complesso ed articolato per evitare si scrivere inesattezze e di arrecare danno al prossimo.
d) Le ASL, come visto in precedenza, sono obbligate ad inviare le raccomandate. In caso contrario, qualora non le inviassero, sarebbero loro ad essere in difetto per non aver adempiuto ad un loro preciso obbligo giuridico.

  • QUALE RITIENE POSSA ESSERE QUINDI IL COMPORTAMENTO CORRETTO PER AVVALERSI DEL DISSENSO?

Riguardo il dissenso, il mio consiglio è comunque quello di non muoversi in seguito all’arrivo di semplici lettere per posta prioritaria ma, come indicato in precedenza, di attendere l’arrivo di una raccomandata da parte della ASL.
Questo comportamento consente alle famiglie, nella peggiore delle ipotesi, di far trascorrere alcuni mesi peraltro utili al raggiungimento dell’anno di età prima di ricevere l’invito formale; nell’ipotesi migliore, come avviene in alcune ASL più gradi o meno organizzate, anche al fine di limitare i costi, queste omettono di inviare la raccomandata violando il loro preciso obbligo; in tal caso, qualora la raccomandata non dovesse essere inviata o arrivare, non sarà comunque la famiglia ad essere inadempiente quanto piuttosto la ASL stessa.
Una volta ricevuta la raccomandata, consigliamo alla famiglia di predisporre un proprio modulo di dissenso, nel quale indicare le motivazioni in base alle quali ritengono di non dover vaccinare (o proseguire nelle vaccinazioni) il proprio figlio; modulo che, una volta predisposto, dovrà essere inviato per raccomandata a.r. alla ASL di competenza.
L’importanza del modulo risiede nella necessità di comprovare in maniera tangibile non solo la vostra preparazione in materia e le vostre intenzioni ma, soprattutto, di avere a cuore la salute di vostro figlio e di aver fatto quanto previsto per mostrarlo alle istituzioni.

  • IN QUESTA FASE E’ GIUSTO INVIARE UNA RACCOMANDATA ANCHE AL SINDACO?

In questa fase, ritengo superfluo ed inutile inviare la raccomandata anche al Sindaco in quanto questi, pur rappresentando l’autorità sanitaria, entra “in gioco” solo in casi eccezionali qualora vi sia la necessità ed urgenza di obbligare determinati trattamenti sanitari in occasione di gravi epidemie e non certo in questa fase.
Quindi, qualora dovessero essere convocati ad un colloquio presso la ASL, invitiamo le famiglie a recarsi tranquillamente al colloquio portando con sé copia del modulo di dissenso già precedentemente inviato per raccomandata ma di recarsi al colloquio rigorosamente senza bimbo in quanto alcuni, terrorizzati e minacciati, alla fine hanno ceduto psicologicamente facendo vaccinare i propri figli.
Per questo motivo, considerato che, spesso, nell’ambito di tali colloqui sia presso le ASL che presso medici e/o pediatri, le famiglie vengono “insultate”, “minacciate” e “terrorizzate”, consiglio sempre di recarsi ai vari colloqui muniti di registratore in modo tale da registrare il tutto.
Peraltro, sconsiglio sempre di sottoscrivere sedicenti moduli di dissenso che dovessero essere presentati alle famiglie da parte delle ASL.

  • ALCUNI RIFERISCONO DI AVER RICEVUTO TELEFONATE DA PARTE DELLE ASL COME INVITO ALLA VACCINAZIONE; E’ LECITO? CHE VALORE HANNO?

Premesso che, come visto in precedenza, l’invito da parte della Asl deve essere effettuato con modalità tali da poter essere provato – e ciò non è certo una telefonata – sicuramente tale prassi è illegittima se non addirittura illecita: illegittima in generale, anche se effettuata su un numero di telefono fisso o altro indicato in appositi elenchi pubblici, in quanto non prevista dalla vigente normativa; illecita qualora la telefonata venga addirittura effettuata su un numero che non sia stato reso pubblico dall’interessato.
In tal caso, innanzitutto, su richiesta degli interessati, le ASL dovrebbero fornire indicazioni in ordine a chi abbia fornito loro il numero per consentire all’interessato di procedere nei confronti di questi per violazione della vigente normativa sulla privacy con un doppio binario: da una parte quello penale mediante denuncia-querela, preferibilmente alla Polizia Postale, e dall’altro quello amministrativo mediante segnalazione all’Autorità Garante della privacy.

  • E’ POSSIBILE E LECITO REGISTRARE UNA CONVERSAZIONE?

E’ sempre possibile ed assolutamente lecito registrare una conversazione della quale si è parte, anche senza che gli altri interlocutori siano portati a conoscenza del fatto di essere registratil’importante è che ciò avvenga attraverso strumenti di registrazione (telecamere, registratori, cellulari etc.) presenti sul luogo.
In questo senso si è espressa più volte anche la Suprema Corte con una serie di pronunce negli ultimi anni .
In questo caso si parla quindi di registrazioni che sono profondamente diverse dalle intercettazioni.
Si parla di intercettazioni, invece, nel caso in cui si intercettino conversazioni delle quali non si è parte ovvero attraverso l’uso di dispositivi che non si trovino in loco. Le intercettazioni, invece, a differenza delle registrazioni, sono illecite se non espressamente autorizzate dalla Magistratura.
E’ grazie a questa fondamentale differenza che alcune delle più note trasmissioni televisive come “Le Iene” e “Striscia la notizia” possono mettere in onda i loro più importanti servizi.
Naturalmente, una volta effettuata la registrazione, questa potrà essere usata in giudizio per tutelare i propri diritti ed i propri interessi mentre si dovrà fare estrema attenzione alla sua divulgazione anche per evitare problemi di violazione della normativa sulla privacy.

  • PERCHE’ SCONSIGLIA INVECE ALLE FAMIGLIE DI SOTTOSCRIVERE I MODULI DI DISSENSO PREDISPOSTI DALLE ASL?

Anche in questo caso, premesso che ciascuno è libero di fare e sottoscrivere ciò che meglio crede, ritengo non sia opportuno sottoscrivere i moduli di dissenso delle ASL per i seguenti motivi:
-In primo luogo perché il modulo di dissenso già inviato alla ASL contiene già tutto il necessario per le istituzioni;
–In secondo luogo perché i moduli di dissenso prestampati dalle ASL riportano dicitura che rispecchiano la normativa ma non la realtàtipo: “Informati dalla Pediatra, sulle caratteristiche della/e malattia/e prevenibile/i con vaccinazione (frequenza, gravitò, sequele), sui benefici e rischi delle vaccinazioni, rifiutiamo di sottoporre nostro/a figlio/a alle seguenti vaccinazioni previste per legge…” o similari ;
–Quindi perché in alcuni moduli le affermazioni sono ancor più grottesche e risibili come nel caso per esempio della ASL di Pavia nel modulo in uso alla quale si fa espresso riferimento – con chiaro intento “terroristico” – alle responsabilità che graverebbero sui genitori in caso di dichiarazioni false senza peraltro specificare che le dichiarazioni veramente “false” che i genitori potrebbero sottoscrivere sono proprio quelle di aver ricevuto una corretta e completa informazione in ordine alle vaccinazioni e soprattutto ai rischi ed ai danni conseguenti ad esse in assenza di qualsivoglia indicazione in merito da parte delle istituzioni a ciò preposte ex lege!
–Ancora, perché nei moduli viene fatto spesso richiamo ad un’assunzione di responsabilità da parte dei genitori per quello che potrebbe accadere al bambino in caso di mancata vaccinazione dimenticando però di indicare un’analoga previsione in capo alla ASL per i danni che il bambino potrebbe ricevere dalle vaccinazioni e dimenticando, soprattutto, come i genitori sono sempre e comunque responsabili di ciò che accade al loro figlio sin dal suo concepimento;
–Infine, perché in alcuni moduli, se possibile ancor più grotteschi dei precedenti , è espressamente prevista non solo l’assunzione di responsabilità per quello che potrebbe accadere al proprio figlio ma persino nei confronti di terzi.

Perché non fanno alcun riferimento alle loro responsabilità non solo in caso di danno conseguente a vaccinazione ma anche, più semplicemente, in caso di mancata immunizzazione e di successiva contrazione della forma virale e/o batterica contro la quale il bambino era stato vaccinato?

  • LE INDICAZIONI DI CUI SOPRA SONO VALIDE PER TUTTE LE REGIONI?

In realtà, l’attribuzione della potestà normativa alle regioni anche in materia sanitaria, culminata nella Legge 23.12.1978, n. 833 ,“Istituzione del servizio sanitario nazionale”, e successive modificazioni ed integrazioni, ha portato ad un proliferare delle nrome regionali e, conseguentemente, ad una situazione profondamente diversa da una realtà all’altra e che potremmo definire “a macchia di leopardo”.
Da una parte abbiamo Regioni come il Veneto e Province come quella autonoma di Trento che hanno previsto la sospensione dell’obbligo vaccinale nei loro territori; si parla di sospensione e non di revoca in quanto tale normativa, essendo concorrente con quella dello Stato in materia, non potrebbe mai prevedere una revoca delle vaccinazioni obbligatorie se non in seguito di analoga decisione a livello nazionale.
Altre Regioni come Lombardia, Piemonte, Umbria, Toscana, Abruzzo, Sardegna e, più recentemente, Emilia Romagna hanno invece optato per una serie di accordi intervenuti tra Regioni, ASL e TdM al fine di disciplinare il dissenso vaccinale.
Altre ancora, invece, non hanno ritenuto opportuno intervenire in alcun modo anche se nella quasi totalità di queste – fatta eccezione per Trentino Alto Adige e Friuli Venezia-Giulia – il dissenso viene regolarmente “tollerato” e non vi sono rischi particolari, se non quelli sgradevoli e fastidiosi ma non realmente cogenti, ai quali si è fatto riferimento in precedenza.
Recentemente, la Magistratura, tenendo conto del mutamento intervenuto a livello nazionale sul concetto di “obbligatorietà”, termine

  • Per quanto riguarda invece Trentino Alto Adige e Friuli Venezia-Giulia, in tali Regioni permane tutt’oggi un retaggio cultural-giuridico francamente antistorico e sono le uniche nelle quali vengono ancora irrogate le sanzioni amministrative previste per la mancata vaccinazione per un importo di circa € 230,00.

Nonostante lo steso Ministero della Salute ed il SSN facciano oramai costante riferimento al venir meno dell’obbligatorietà delle vaccinazioni, purtroppo questa permane per le predette vaccinazioni anti Difterite, Poliomielite, Tetano ed Epatite B e la stessa Suprema Corte appare ancora restia a prendere atto di tale mutamento nonostante anche la Magistratura di primo grado , recentemente, abbia finalmente optato per pronunce positive in sede di opposizione alle sanzioni amministrative – ordinanza-ingiunzione – irrogate.

Vale la pena sottolineare come, se lo stesso legislatore ha ritenuto di poter “barattare” la mancata vaccinazione di un bambino con ilpagamento di una sanzione amministrativa di poco più di duecento euro (corrispondente più o meno ad una contravvenzione per aver superato il limite di velocità di più di 20 ma meno di 40 km/h), è evidente come non creda neppure lui all’importanza delle vaccinazioni ed all’esistenza della fantomatica “immunità di gregge” o “immunità di gruppo” o “herd immunity”.
Peraltro, in molti dei documenti ufficiali già citati si fa espresso riferimento all’inutilità dell’irrogazione della sanzione ritenuta – addirittura – controproducente per il SSN in quanto comporterebbe un’ulteriore proliferazione del “conflitto” tra le parti.
Non ci si può esimere dal rilevare come nella trasmissione di“Report” dal titolo “Il virus dell’obbligo” andata in onda il 15.10.1998 , il dirigente dell’allora Ministero della Sanità, alla domanda della conduttrice Milena Gabanelli, se non fosse giunto il tempo per eliminare l’antistorico “obbligo vaccinale”, rispose testualmente che stavano “lavorando per eliminazione dell’obbligo vaccinale”; il problema è che oggi, nel 2015, nonostante siano trascorsi ben 17 anni, ammesso e non concesso si possa utilizzare questo temine per loro, ci stano ancora “lavorando”.

  • E’ VERO CHE LE ASL DEBBONO INFORMARE DELLA MANCATA VACCINAZIONE IL SINDACO ED IL TRIBUNALE DEI MINORI E CHE QUESTI POSSONO ATTIVARE GLI ASSISTENTI SOCIALI?
    COSA SI RISCHIA A NON VACCINARE I PROPRI FIGLI?

In realtà, la vigente normativa, con situazioni peraltro variabili da regione a regione, prevedrebbe l’obbligo per la ASL di inviare un’informativa al Sindaco e quindi al TdM ma solo in presenza di “rischi reali” per il bambino conseguenti alla sua mancata vaccinazione .
L’eventuale convocazione da parte degli assistenti sociali non deve in alcun modo spaventare le famiglie in quanto sia gli assistenti sociali sia il TdM, in assenza di altri motivi specifici, non hanno alcun interesse né alcuna competenza a sindacare le scelte dei genitori in tema di prestazioni sanitarie quali sono le vaccinazioni.
La mancata vaccinazione, quindi, non è importante in quanto tale ma solo in quanto segnale di un possibile disinteresse dei genitori nei confronti del bambino : per questo motivo invitiamo a predisporre ed inviare un modulo di dissenso che, oltre ad indicare le motivazioni, sia la prova tangibile ed incontrovertibile dell’esatto contrario cioè dell’interesse dei genitori nei confronti del proprio figlio.

Ricordiamo infatti che accordi internazionali come la Convenzione di Oviedo del 1997 , la stessa Costituzione Italiana, all’art. 32,comma 2, prevede che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” ; previsione successivamente ripresa da una serie di norme ordinarie.
Particolarmente importante in tema di non coercibilità o incoercibilità dei trattamenti sanitari ed in particolare delle vaccinazioni la previsione del Decreto Legge n.273 del 06.05.1994 , convertito con Legge 490 del 20.11.1995 .
All’art. 9 del predetto DL 273/1994 è infatti previsto quanto segue:
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie su minori non può essere coercitivamente imposta con l’intervento della forza pubblica.
2. Resta ferma l’operatività delle sanzioni previste a carico di coloro che esercitano la potestà parentale o la tutela sul minore, nonché dei direttori degli istituti di assistenza pubblica o privata in cui il minore è ricoverato o delle persone affidatarie di minori ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184.
3. I soggetti indicati al comma 2 sono personalmente responsabili di ogni effetto dannoso subito dal minore o da terzi, conseguente all’inosservanza delle disposizioni di legge sulle vaccinazioni obbligatorie.
4. Ai fini dell’esonero dalla obbligatorietà delle vaccinazioni il certificato del medico curante o del medico specialista, presentato dall’interessato, è vincolante per l’unità sanitaria locale”
Da quanto sopra, si evincono quindi una serie di principi assolutamente fondamentali in materia:

– L’incoercibilità delle vaccinazioni sui minori attraverso la forza pubblica; con conseguente illegittimità di tutte le pronunce dei TdM e dei Sindaci (in assenza di gravi epidemie) successive all’entrata in vigore della norma;
– Il mantenimento delle sanzioni amministrative conseguenti alla mancata vaccinazione, delle quali tratteremo in seguito;
– La responsabilità in capo ai genitori o comunque, in assenza di essi, a chi eserciti la “potestà parentale”: con conseguente inutilità delle previsioni in questo senso riportate nei moduli delle ASL ;
– L’ASL non ha alcun diritto di sindacare una certificazione che indichi l’inopportunità di procedere alle vaccinazioni sul bambino, proveniente dal medico di famiglia o da uno specialista anche se ciò, invece, accade sovente.

Negli ultimi anni, fortunatamente, seguendo il mutare della sensibilità e l’aumento delle conoscenze in materia, di norma le varieProcure della Repubblica presso i TdM tendono ad archiviare le segnalazioni, divenute oramai un mero retaggio antistorico, e le poche volte nelle quali le segnalazioni hanno superato il vaglio della Procura arrivando di fronte ai TdM, questi hanno dichiarato il “non luogo a provvedere in merito al ricorso del PM” , altre volte hannochiesto l’archiviazione giungendo persino a dichiararsi “incompetenti” stante che l’unico soggetto eventualmente competente ad obbligare una vaccinazione è il Sindaco in qualità di responsabile della Sanità pubblica di un Comune; è chiaro però che potrebbe farlo solo con apposita ordinanza ed in caso di grave epidemia di una delle patologie più gravi; nelle poche circostanze nelle quali, recentemente, la questione è giunta davanti alle Corti d’Appello queste si sono pronunciate favorevolmente ai genitori .
In passato, invece, per decenni, a causa dell’ignoranza esistente in materia non solo da parte della popolazione ma – quel che è più grave – anche degli avvocati che si cimentavano in essa senza alcuna preparazione specifica ed ancor di più dei Giudici dei vari TdM, si sono avute pronunce abnormi con le quali, in assenza di qualsivoglia presupposto normativo, veniva limitata quella che inizialmente era definita come “patria potestà” e quindi, più recentemente, “potestà genitoriale”.
Anche in quel periodo, comunque, tranne rarissime eccezioni, i provvedimenti dei TdM si limitavano a prevedere una mera limitazione della “potestà genitoriale” dando luogo ad una fictio juris cioè una finzione giuridica: considerato che i genitori, legittimamente esercenti la potestà genitoriale, erano contrari alla vaccinazione, per poterla effettuare occorreva limitare tale potestà per il periodo strettamente indispensabile all’effettuazione della vaccinazione stessa.
Già questo tipo di pronuncia, come visto in precedenza, poteva essere definita a ragione come “abnorme”; figuriamoci altre ancor più cogenti e restrittive.
L’abnormità di tali pronunce risiedeva da una parte nell’impossibilità ed illegittimità, in assenza di altre e ben più valide motivazioni, di limitare, ancorché temporaneamente, la potestà genitoriale e dall’altra nell’assoluta illegittimità di prevedere la coercibilità di vaccinazioni definite normativamente come “obbligatorie” ma che le stesse norme non prevedono affatto come coercibili.
Proprio in questo periodo che potremmo definire di “medioevo giuridico e giurisprudenziale” , consigliare alle famiglie di recarsi subito alle ASL per dichiarare la propria obiezione, secondo il nostro modesto avviso, se da una parte poteva apparire comprensibile dal punto di vista “politico” al fine di far emergere i veri “numeri” degli obiettori, dall’altra non poteva essere considerata la scelta “migliore” nell’interesse delle famiglie costrette, nella migliore delle ipotesi, a veder riconosciuti i propri diritti e le proprie ragioni solo al termine di uno o più giudizi, dopo aver atteso per anni, con la preoccupazione che potesse anche finire diversamente.
Non ci dimentichiamo poi della fondamentale opera di “terrorismo” scientemente posta in essere nel corso degli anni ad opera non solo di pediatri, medici, ASL, Ministero della Salute etc. ma anche da parte dei media, nella quasi totalità di essi assolutamente quanto vergognosamente ed aprioristicamente schiacciati, per non dire apertamente schierati, sulle posizioni ufficiali.
Causa questa disinformazione capillare, la popolazione è stata sistematicamente raggiunta da informazioni false e strumentali tese a seminare vero e proprio terrore: in questo panorama si calano perfettamente le “voci” su bambini portati via ai genitori, sull’impossibilità di accedere alle scuole etc..

  • DANNI DA VACCINO, AUTISMO E DISEGNI DI LEGGE; COSA PUO’ DIRCI IN MERITO?

Non possiamo fare a meno di dimenticare che anche nel nostro Paese, prima del recente quanto ridicolo disegno di legge n. 344sull’autismo, vi erano stati dei pregevoli “sprazzi di lucidità” in materia di Autismo e di danni da vaccino.
Il primo di questi era stata la sentenza con la quale la Corte Costituzionale nel corso del 1990, rinvenendo un “buco” normativo in ordine alla “risarcibilità-indennizzabilità” di soggetti danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie, aveva di fatto indotto il legislatore ad intervenire.
Il secondo, più recentemente, era stata invece la Proposta di legge n. 3677 presentata alla Camera dei Deputati in data 29.07.2010nella quale, per la prima volta, si faceva riferimento alla necessità di superare l’antiquata concezione dell’Autismo come psicosi stante il superamento dell’interpretazione psicorelazionale dell’eziologia della patologia autistica per passare a cause “ambientali”, tossico-infettive ed alimentari essendo“…dimostrato che nella sindrome autistica, l’inquinamento ambientale e alimentare, campagne vaccinali intense e non rispettose della fragile individualità neuro-immunitaria del minore, l’abuso di antibiotici, l’applicazione di amalgame al mercurio, la diffusione di alimenti carichi di glutine, caseina, soia, zucchero e lieviti, possono avere un impatto significativo nelle alterazioni comportamentali dei soggetti autistici.”; inutile dire che la proposta di cui sopra è rimasta tale e che il mero accostamento al recente disegno di legge sull’autismo ci fa comprendere come il legislatore sia stato in grado di porre in essere l’ennesimo salto indietro.

  • FARMACOVIGILANZA E DENUNCIA DI REAZIONE AVVERSA; COSA PUO’ DIRCI IN MERITO A QUESTO SISTEMA PASSIVO O ADDIRITTURA “INATTIVO”?

Negli USA la farmacovigilanza è affidata a ben tre organismi federali: la Food and Drug Administration (FDA) , i Centers for Desease Control and Prevention (CDC) ed al sistema del Vaccine Adverse Events Reporting System (VAERS) e, nonostante la loro nota efficienza, per espressa ammissione degli stessi CDC, non sono in grado di raccogliere nemmeno il 10% di tutte le reazioni avverse che vi sono annualmente negli USA.
Nel nostro Paese, invece, la raccolta dei dati è teoricamente affidata alla Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), attiva dal novembre 2001, che dovrebbe garantire da un lato la raccolta, la gestione e l’analisi delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai vaccini (ADR) e dall’altro la diffusione delle informazioni diramate dall’AIFA in merito alla sicurezza dei farmaci : questa la teoria.
Nella pratica, invece, il sistema fa acqua da tutte le parti in quanto i professionisti (medici, pediatri ed operatori sanitari in genere) da un lato omettono sistematicamente di denunciare le sospette reazioni avverse , dall’altro rassicurano sistematicamente i genitori in ordine al fatto di non trovarsi di fronte ad una reazione avversa a vaccino ed infine omettono di avvertire le famiglie della possibilità di effettuare direttamente la denuncia di sospetta reazione avversa a vaccino .
Il risultato finale di tutto ciò è che, di fronte a 1.000 casi di persone che si siano rivolte a tali “professionisti” per segnalare una possibile reazione avversa, le statistiche in nostro possesso ci rivelano che solo in 1-2 casi vi è stata segnalazione con ovvie ripercussioni negative:
-Sia per gli interessati, che avranno non solo una diagnosi tardiva e conseguentemente interventi altrettanto tardivi ma saranno anche sottoposti ad ulteriori sedute vaccinali con ovvio aggravamento del quadro clinico;
-Sia per tutti gli altri bambini i genitori dei quali continueranno ad essere convinti dai medici che i vaccini non fanno male sulla base di dati statistici falsi in quanto basati su dati inesistenti.
Recentemente, con DM 30.04.2015 , il legislatore ha introdotto importanti modifiche al sistema nazionale di farmacovigilanza per la raccolta e valutazione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse da medicinali.
Il decreto richiede agli operatori sanitari ed ai pazienti/cittadini di segnalare qualsiasi tipo di sospetta reazione avversa, sia essa grave o non grave, nota o meno, sia derivante dall’uso di un medicinale conformemente all’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), sia dall’uso del medicinale al di fuori delle normali condizioni di autorizzazione, ivi incluso l’uso improprio e l’abuso del medicinale, errori terapeutici ed esposizione professionale.
La tempistica prevede l’obbligo di segnalazioni avverse:
-entro 48 ore relativamente ai farmaci in genere;
-entro 36 ore nel caso di sospette reazioni avverse ai vaccini.

Il previsto ampliamento della definizione di reazione avversa comporta il fatto che nuove problematiche siano analizzate e che, conseguentemente, vengano sviluppate delle iniziative di minimizzazione dei rischi ad esse connessi, nello spirito di proattività della nuova legislazione comunitaria in materia di farmacovigilanza.

Come visto in precedenza, per la segnalazione della sospetta reazione avversa viene prevista una tempistica ben precisa a seconda della tipologia di farmaco.
Il segnalatore, sia esso un operatore sanitario oppure un paziente, è tenuto infatti a trasmettere la scheda entro 48 ore, ridotte a 36 ore nel caso di farmaci di origine biologica come i vaccini, al responsabile della farmacovigilanza della struttura sanitaria di competenza (Az. ASL, Az. Ospedaliera, IRCCS), il quale, entro 7 giorni dal ricevimento della scheda, deve inserirla nella RNF previa verifica della completezza e della congruità dei dati.
Al fine di incoraggiare i pazienti/cittadini e gli operatori sanitari alla segnalazione, il decreto prevede che questa possa avvenire direttamente tramite il portale web dell’AIFA anche se tale modalità è ancora un mero “progetto pilota” che richiederà una validazione da parte del Responsabile di FV della struttura sanitaria di appartenenza del segnalatore.
Secondo il nostro modestissimo avviso, purtroppo:
-La mancanza di adeguate sanzioni a carico degli operatori sanitari portati sistematicamente a “negare” qualsivoglia correlazione, da una parte;
-L’ignoranza, comprensibile, nei “profani” di cosa debba intendersi per reazione avversa;
-L’ignoranza della vigente normativa, delle procedure da seguire e delle relative tempistiche,
come già avvenuto in passato, continueranno a ridurre di oltre il 95% le segnalazioni di reazioni avverse.


  • MOLTI GENITORI SI DECIDONO A VACCINARE SPAVENTATI DALL’IDEA CHE ALTRIMENTI NON POTREBBERO ISCRIVERE IL PROPRIO FIGLIO A SCUOLA: COSA C’E’ DI VERO?

Non c’è assolutamente nulla di vero.
Anche questo continua ad essere un retaggio culturale di un’epoca oramai fortunatamente passata nella quale non si era “cittadini” ma “sudditi”: retaggio che però viene mantenuto in vita da una parte dal terrorismo di chi vuole comunque indurre a vaccinare e dall’altra dall’ignoranza di chi cura la parte amministrativa degli istituti scolastici.

Col il DPR n. 355 del 26.01.1999 , infatti, è stata resa obbligatoria la frequenza scolastica in tutte le scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado anche ai bambini non vaccinati.

In realtà, già nel corso del 1998 vi erano state ben due circolari dell’allora Ministero dell’Istruzione (oggi MIUR) che avevano già aperto all’ingresso a scuola dei bambini non vaccinati mentre ancora nel 1997 il Ministero dell’Istruzione emanava circolari nelle quali ribadiva il divieto di accesso dei bambini non vaccinati nelle scuole .
E’ vero altresì che, all’atto dell’iscrizione, la scuola può richiedere il certificato delle vaccinazioni ma il fatto che possa richiederlo non significa necessariamente che lo si debba avere.
Qualora la famiglia non lo presentasse, il Direttore dovrebbe provvedere entro cinque giorni ad effettuare una segnalazione alla ASL di competenza ma molto spesso ciò non accade e comunque, anche se dovesse accadere, non comporterebbe altro se non l’invio di un eventuale invito da parte della ASL stessa.

Molte regioni, nell’ambito della loro funzione normativa, hanno quindi disciplinato anche questi casi limitandosi a consigliare alle ASL di verificare solo che fossero state attivate le procedure consuete .

In ogni caso, l’eventuale rifiuto di iscrizione, oltre ad essere incostituzionale, negli istituti pubblici, costituirebbe un varo e proprio abuso d’ufficio.

  • HA PARLATO DI SCUOLE PUBBLICHE E PRIVATE DI OGNI ORDINE E GRADO: VALE ANCHE PER ASILI NIDO?

Certo, in quanto se la previsione è valida per le scuole sia pubbliche che private di ordine e grado deve essere necessariamente valida anche per gli asili nido.
Anche in questo caso, potrà essere richiesto, all’atto dell’iscrizione, il certificato delle vaccinazioni.
Negli asili nido, l’eventuale rifiuto di iscrizione di un bambino non vaccinato sarebbe in tutto e per tutto sovrapponibile a quanto scritto in precedenza.

  • ALCUNI LAMENTANO DI RICEVERE RICHIESTE DI VACCINAZIONI ANCHE NELL’ASSOCIAZIONISMO SPORTIVO: PISCINE, PALESTRE, CENTRI SPORTIVI E RICREATIVI ETC.; E’ POSSIBILE?

Le previsioni di cui sopra, relative alla frequenza scolastica, valgono anche per l’associazionismo sportivo; tanto è vero che, con circolare ministeriale n. 6 del 20.04.2000, era stata estesa l’ammissione dei bambini non vaccinati anche nei soggiorni vacanze.
In ogni caso, la Legge n. 292 del 05.03.1963 aveva reso obbligatoria la vaccinazione antitetanica per tutti gli iscritti alle federazioni ed enti affiliati al CONI ed alcune regioni hanno successivamente disciplinato la materia .
Naturalmente, le normative che prevedono le vaccinazioni sportive non possono in alcun modo minare il principio costituzionale di autodeterminazione al trattamento sanitario di cui all’art. 32 della Costituzione che impedisce un qualsivoglia trattamento sanitario contro la volontà dell’interessato ma il problema è se il bambino non vaccinato possa accedere o meno alla frequenza sportiva.
Come noto, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale è previsto un unico caso in cui il principio di autodeterminazione ed il diritto alla salute del singolo debbano recedere e ciò avviene nel caso in cui vi sia un interesse preminente della collettività cioè nel caso in cui l’intervento sanitario sarebbe giustificato dalla necessità di evitare di mettere in pericolo la salute pubblica come nel caso di possibili epidemie.
Vale però la pena ricordare che nel caso del Tetano ci troviamo di fronte all’unica malattia diffusiva ma non infettiva cioè non trasmissibile da uomo a uomo e di per sé insuscettibile di dar luogo a forme di contagio e ad epidemie per cui non vi è alcun motivo valido per costringere un bambino ad effettuare la vaccinazione anti Tetano.

In questo senso, analogamente a quanto previsto per la frequenza scolastica, ritengo che chiunque, bambino o adulto, abbia il sacrosanto diritto di accedere alla frequenza sportiva ed infatti negli ultimi anni, probabilmente all’aumento delle conoscenze sia in merito ai danni da vaccino che all’oggettiva difficoltà di contrarre il tetano, è andata giustamente scemando l’attenzione nei confronti delle vaccinazioni.

In ogni caso, prima di procedere alla vaccinazione, negli anni passati, consigliavamo di effettuare l’esame ematico del relativo titolo anticorpale anche se non è mai stato vaccinato in quanto vi sono stati molti casi di bambini trovati immuni senza essere mai stati vaccinati; ricordiamo che a livello internazionale il valore di 0,01 UI/ml è considerato idoneo a conferire l’immunizzazione anche se nel nostro Paese viene richiesto un valore dieci volte superiore di 0,1 UI/ml.
Alcuni mi hanno scritto di aver ricevuto come consiglio quello di proporre all’associazione sportiva una sorta di liberatoria con assunzione di responsabilità da parte dei genitori: personalmente, ritengo che tale assunzione di responsabilità, di fronte all’obbligo previsto ex lege, non possa avere grande valore giuridico se non nel senso di far venir meno eventualmente il diritto a richiedere il risarcimento del danno lasciando però immutate le responsabilità di altra natura analogamente a quanto accade nel caso di manifestazioni sportive, soprattutto nel periodo estivo, nelle quali gli organizzatori propongono ai partecipanti di sottoscrivere una liberatoria di dubbio valore giuridico.
In ogni caso, ricordiamo che:
-Nelle zone nelle quali è stato sospeso in via normativa l’obbligo vaccinale (Regione Veneto e Provincia autonoma di Trento) non vi può essere alcuna richiesta nemmeno in sede di associazionismo;
-In caso di motivi medici che dovessero sconsigliare l’effettuazione delle vaccinazioni (patologie neurologiche e/o autoimmuni etc.), la relativa certificazione comporterebbe l’impossibilità di richiedere la vaccinazione.


  • PER QUANTO RIGUARDA LE CATEGORIE PROFESSIONALI PER LE QUALI SONO PREVISTE PER LEGGE ALCUNE VACCINAZIONI: COME DEBBONO COMPORTARSI?

In materia di sicurezza del lavoro, sono previste una serie di vaccinazioni obbligatorie per determinate categorie di lavoratori ed in particolare:
Anti Tetano per le categorie di lavoratori indicati nell’art. 1 della legge 05.031963, n. 292, Legge 20.031968 n. 419, D.M. 16.09.1975, DPR 1301 del 7.9.65, DM 22.03.1975;
Anti Tubercolare Legge n. 1088/70 in ambito sanitario.

Più in particolare, la Legge n. 292/11963, partendo dall’errato presupposto che i soggetti più esposti al rischio di contrarre il Tetano fossero quelli a contatto con metalli arrugginiti, rendeva obbligatoria la relativa vaccinazione per le seguenti categorie professionali:
-. Operai addetti alla manipolazione delle immondizie;
-. Operai addetti alla fabbricazione della carta e dei cartoni;
-. Lavoratori del legno;
-. Metallurgici e metalmeccanici;
-. Lavoratori agricoli, pastori, allevatori di bestiame;
-. Stallieri,fantini;
-. Conciatori;
-. Sorveglianti e addetti ai lavori di sistemazione e di preparazione delle piste negli ippodromi;
-. Spazzini, cantonieri, stradini;
-. Sterratori;
-. Minatori
-. Operai addetti alle fornaci;
-. Operai e manovali addetti all’edilizia;
-. Operai, manovali ed altro personale delle ferrovie ;
-. Asfaltisti;
-. Straccivendoli;
-. Marittimi e lavoratori portuali .
Per i soggetti appartenenti a queste categorie di lavoratori la vaccinazione anti Tetano ed i relativi richiami sono a carico dell’azienda e sono eseguite a cura degli enti tenuti per legge alle prestazioni sanitarie ovvero le ASL .
Come visto in precedenza, le norme di cui sopra sono state “salvate” dal “taglio” effettuato rispettivamente dal D.Lgs 179/2009 e 213/2010 per cui risultano essere ancora in vigore mentre la legge che ha introdotto la vaccinazione anti Tubercolosi per alcune categorie professionali, essendo datata 14.12.1970 è successiva al 01.01.1970 e non ricade quindi nelle norme interessate dall’abrogazione.
Di fronte alla richiesta di sottoporsi a vaccinazione il lavoratore che non volesse sottoporvisi si troverebbe di fronte ad un dilemma di difficile soluzione:
-Da una parte sottoporsi comunque alla vaccinazione o al richiamo e non avere alcun problema;
-Rifiutare la vaccinazione e quindi entrare all’interno di una “spirale” fatta di minacce e pressioni sia da parte del datore di lavoro, del responsabile della sicurezza sul lavoro e del medico.
Naturalmente, qualora il lavoratore non volesse sottoporsi a vaccinazione o a richiamo vale il principio generale, già più volte richiamato, dell’autodeterminazione di cui all’art. 32 della Costituzione ovvero nessuno può imporglielo.
In tal caso però, è difficile pensare che il lavoratore possa trovare l’appoggio dei soggetti indicati in precedenza i quali non si assumerebbero di certo le relative responsabilità; responsabilità le quali, vale la pena ricordarlo, non sarebbero solo di natura civilistica ex art. 2087 c.c. ma anche di natura penale in quanto, “in materia di sicurezza sul lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quel specifico settore”. In caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, una volta provato il nesso causale tra infortunio e prestazione lavorativa, spetta al datore di lavoro dimostrare di aver fatto tutto il possibile per prevenire l’evento.

Come uscirne?

Innanzitutto, a prescindere dal fatto di essere stati o meno vaccinati in precedenza e dal numero di anni trascorsi dall’ultima vaccinazione, il primo consiglio è quello di effettuare un esame ematico del titolo anticorpale anti Tetano per verificare l’eventuale immunizzazione ovvero un valore superiore a 0,1 UI/ml.
Qualora dall’esame dovesse risultare positivo, non vi sarebbe alcuna esigenza di sottoporsi ad ulteriore vaccinazione in quanto, a prescindere dall’errato dettato normativo che equipara illegittimamente il termine “vaccinazione” con la “immunizzazione” , non è importante che il lavoratore sia vaccinato – e magari non immunizzato – ma che sia immune alla possibilità di contrarre la patologia.
Nel caso in cui, invece, l’esame degli anticorpi dovesse risultare negativo, l’unica possibilità per il lavoratore di evitare la vaccinazione, come visto in precedenza in tema di associazionismo e sport, sarebbe la presenza di motivazioni mediche che escludessero la vaccinazione ritenendola più pericolosa della stessa patologia.
In tutti gli altri casi, la mancata vaccinazione potrebbe indurre il datore di lavoro a dare luogo ad un licenziamento per giusta causa del lavoratore.
Alcuni mi hanno riferito di aver ricevuto risposte che affermavano che il diritto al lavoro sarebbe di rango costituzionale ed in quanto tale dovrebbe porre il lavoratore al riparo da certi provvedimenti.
Francamente, riteniamo che questa sia un’interpretazione piuttosto “singolare” del rapporto tra le norme vigenti in quanto la stessa interpretazione data dalla Giurisprudenza della Corte Costituzionale, come visto in precedenza, ammette pacificamente deroghe all’art. 32 Cost. in casi particolari come quelli del lavoro.
Si potrebbe quindi tentare di sollevare un problema di illegittimità costituzionale delle norme di legge nella parte in cui contrastano con il dettato costituzionale ma, in tutta onestà, occorre precisare che fino ad ora ogni tentativo in questo senso è stato frustrato.
In extrema ratio, si potrebbe obiettare che, come visto in precedenza, nel caso del Tetano siamo di fronte ad una malattia insuscettibile di trasmissione da uomo ad uomo e quindi di dar vita a contagi ed epidemie ma in questo caso non farebbe venir meno le responsabilità del datore di lavoro in caso di malattia che dovesse colpire il lavoratore non immunizzato.

  • PER QUANTO RIGUARDA INVECE I MILITARI?

Innanzitutto, vale la pena precisare che per quanto riguarda i militarinon vi sono disposizioni normative, diverse da quelle generali, che rendano obbligatoria l’effettuazione delle vaccinazioni.
Se il militare riesce a provare di aver effettuato tutte le vaccinazioni previste per legge e di aver effettuato i richiami dovuti, non potrà essere obbligato ad effettuare alcuna vaccinazione.

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