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Vaccini e autismo: l’esperienza del dott. Massimo Borghese

Vaccini e autismo: l’esperienza del dott. Massimo Borghese
a cura del Dottor Massimo Borghese

Una delle domande più frequenti che mi sento rivolgere in questi ultimi anni, non solo da chi accompagna un bambino in visita presso un mio studio, ma anche da semplici amici o interlocutori d’occasione, che conoscono il tipo di attività che svolgo, è questa: “Ma è vero che l’autismo dipende o può dipendere dai vaccini?”.

Inutile negarlo, è un tormentone (legittimo) del momento, sia che si tratti di una problematica strettamente collegata alla ricerca delle cause di una delle patologie più gravi dell’età evolutiva, sia che si tratti di un argomento di conversazione, o di mera curiosità peraltro non più solo scientifica, ma ormai assurta a livello di tema di interesse sociale.

Ma soprattutto identifica una domanda che pongo continuamente a me stesso, e non soltanto perché proteso alla ricerca di risposte credibili da offrire a chi mi pone quesiti, ma perché mi sento in diritto-dovere di cercare di far chiarezza in me per primo, su un problema di enorme portata e interesse (umano, morale, sociale, economico) per migliaia di persone e di famiglie, il cui destino in termini di salute, benessere o, viceversa, grave malessere, può dipendere anche dalla messa in pratica di un consiglio ben dato, in termini di persuasione o di dissuasione verso una determinata iniziativa preventivo-terapeutica.

Ritengo si tratti di un grande dovere etico, cercare di raggiungere una posizione riguardo al problema -la cui esistenza è ormai innegabile- dell’innocuità o della pericolosità delle attuali pratiche vaccinali, soprattutto quando si è considerati come “voce autorevole” o comunque competente ed esperta in materia di autismo e patologie ad esso correlabili. E credo sia un dovere anche sforzarsi di ragionare in modo del tutto indipendente da ipotetici o reali interessi di parte, siano essi economici, siano essi culturali, siano essi di tendenza di scuola o di circostanza.

Ragionando dunque “a mani libere”, o per dirla tutta, “a tasche libere” da condizionamenti di ogni provenienza, provo a ricostruire pubblicamente l’evoluzione del mio pensiero e l’attuale punto di vista dal quale osservo, valuto e commento le tematiche contrastanti e conflittuali in tema di vaccinazioni. Tengo a sottolineare l’aggettivo “attuale” con cui qualifico il mio punto di vista, perché considero un merito (e me ne vanto) l’idea di non assumere posizioni radicali e definitive su qualsiasi questione; e credo che sia necessario rendersi sempre disponibili al rimettersi in discussione, e rimettere in discussione le proprie idee e posizioni, tenendosi pronti in ogni momento a rivederle, dicendo anche “avevo sbagliato”, oppure “adesso, alla luce di queste altre esperienze, scoperte, e affermazioni altrui, che mi appaiono credibili, modifico le mie posizioni”.

Non solo non c’è nulla di male ad agire così, ma penso che tutti dovremmo discutere, confrontarci, “ascoltarci”, pensando che anche gli interlocutori che assumono posizioni opposte, possano aver ragione. Purtroppo invece oggi prevale quasi sempre l’impulso di imporre le proprie idee e le proprie convinzioni, servendosi spesso di uno dei termini per me più odiosi e sciocchi, entrato nel lessico comune dei giorni nostri: “assolutamente”. Beh, secondo me, di “assolutamente” c’è ben poco nella vita; e quando sento qualcuno dire “assolutamente sì”, “assolutamente no” (a proposito, ma “sì” e “no”, non sono già affermazioni assolute?), oppure “assolutamente innocuo” (tanto per avvicinarci al tema in questione…), dubito della credibilità di tanta sicurezza, perché, proprio con la pratica medica, più maturo esperienza, più mi accorgo che nella vita, e ancor più nella medicina (che non è una scienza matematica), di “assoluto” c’è poco o nulla.

Tutto ciò premesso, entrerei in tema vaccini, rievocando che uscii dall’università, appena laureato (era il 1981) pericolosamente pieno di convinzioni. Ancora non avevo rielaborato e condiviso la frase che il protagonista del romanzo “La cittadella” di Cronin (che era anche medico), pronuncia ad un esame di alta qualificazione, quando gli chiedono quale dovrebbe essere il principio massimo al quale un medico dovrebbe ispirarsi. Ed egli risponde: “Il non essere mai troppo sicuro delle proprie nozioni”. Ecco, questo lo capii un po’ dopo, quando cominciai a constatare che tante presunte verità assolute che molti cattedratici più teorici che pratici avevano declamato, in realtà di assoluto non avevano niente. Compresi anche che molte regole e molte “linee guida” (a proposito, ma come si fa a parlare di “linee guida” in un campo in cui l’intuito e la creatività decisionale sono fondamentali?) erano e sono dettate da interessi di altro genere, a cominciare da quelli economici; per cui mi riorganizzai mentalmente per cercare di (ri)cominciare a ragionare con la mia testa, presupponendo, sì, tante basi teoriche apprese in università, ma allo stesso tempo cercandone anche la verifica sul campo, attraverso continue revisioni e analisi dei risultati di ogni iniziativa e terapia, senza necessariamente dare per scontato che tutto ciò che era stato indottrinato fosse inconfutabilmente giusto.

E, sempre per restare in tema vaccini, compresi che l’introduzione di questi presìdi farmacologico-preventivi aveva aiutato a debellare malattie molto pericolose, e che sarebbe stato un grande vantaggio per l’umanità poter disporre di tali aiuti. Tuttavia alcuni aspetti delle pratiche vaccinali non mi convincevano del tutto: l’età tanto precoce in cui venivano iniziate; la mancanza di verifiche preventive più attente e dettagliate di quanto non avvenisse routinariamente; ma soprattutto l’aumento sempre maggiore del numero di antigeni che venivano proposti contemporaneamente in un’unica somministrazione, e con un calendario così incalzante. Insomma, intravedevo istintivamente un concetto di “overdose” di stimolazione anticorpale, una troppo superficiale sottovalutazione di possibili controindicazioni e ipersensibilità da parte dell’organismo (e del sistema immunitario) dei riceventi; l’eccesso di sicurezza con cui venivano definite “assolutamente” innocue tali pratiche.

“Perché”, mi chiedevo, “un antibiotico, un antiinfiammatorio, un qualsiasi altro farmaco, possono avere controindicazioni ed effetti collaterali, e un prodotto così complesso a livello di preparazione farmaceutica e per giunta somministrato per via iniettiva, non può essere a sua volta pericoloso? E vale davvero la pena somministrarlo come iniziativa di massa a tutti, sempre e comunque?”

Mentre coltivavo questi dubbi, iniziavo anche la mia professione di foniatra, incontrando in un arco di tempo che ormai annovera ventisette anni di attività (specializzazione in foniatria nel 1988), un numero sempre crescente di bambini con sintomi dell’autismo, dell’iperattività, di altri disturbi della condotta e della relazione…, e non perché (come alcuni affermano) si affinavano i criteri diagnostici, ma perché realmente e copiosamente aumentavano i bambini con sintomatologie autistiche. Era ovvio e doveroso che cercassi di capire il perché di questo crescente fenomeno, e qui dico subito senza dilungarmi in preamboli e perifrasi, che non ho mai creduto né che tutto questo dipendesse esclusivamente dall’aumento dei vaccini, né che le nuove e più estese pratiche vaccinali fossero del tutto estranee al problema.

Ed entriamo nel vivo della descrizione dei miei pensieri al riguardo, senza mezzi termini:

  • Premessa fondamentale per legittimare almeno moralmente (prima che scientificamente) le mie opinioni, è che non ricevo denaro (leggi: tangenti) né dalle ditte farmaceutiche che vendono e diffondono vaccini, né dalle ditte che vendono prodotti (per lo più omeopatici) con presunti effetti “drenanti”, “chelanti”, “disintossicanti”…, per rimediare a ipotetici danni da vaccino. Dunque, non condivido interessi economici né con gli uni né con gli altri.
  • Le pretese di affermazione o negazione di “validazione scientifica” di qualsiasi posizione, le considero del tutto arbitrarie, perché ognuno può portare acqua al proprio mulino autoconferendo “validità scientifica” e “ufficialità” alla propria idea, negandola all’altro. Del resto, trenta anni di lavoro ospedaliero mi hanno aperto molto bene gli occhi sul modo con cui si scrivono, pubblicano, e sponsorizzano lavori di ricerca: le ditte farmaceutiche commissionano e pagano, e basterebbe questo per far capire dove stanno le radici della “validazione scientifica”. Ricordo sempre quando, giovane medico pieno di entusiasmo, consegnai le schede di una sperimentazione clinica di un farmaco, e su tutte avevo segnalato, nei risultati, l’inefficacia del prodotto. Mi fu negato il pagamento pattuito per la ricerca, perché avevo definito il farmaco non efficace. E non mi furono nemmeno affidate ulteriori sperimentazioni da parte di quella ditta, i cui rappresentanti dissero testualmente: “come potremmo pagare la realizzazione di uno studio, se lei scrive che il prodotto non funziona?”.
  • Le cause dell’autismo, anzi, degli autismi, sono a mio parere e a mia esperienza, tante, diverse, e diversamente combinate tra loro. Ho sempre parlato di fattori predisponenti e scatenanti, aggiungendo anche che quelli che in alcuni sono predisponenti, in altri possono risultare scatenanti, e che comunque occorre il combinarsi di varie condizioni individuali perché si realizzino quelle alterazioni embriologiche, neurologiche, metaboliche, immunologiche…, in grado di formare il terreno di base su cui possa poi svilupparsi clinicamente la sintomatologia autistica, o ipercinetica, o epilettica, o comportamentale, o cognitiva… (anche coesistendo i rispettivi deficit).
  • Stando a quanto affermato nel punto precedente, non ha molto senso, a mio parere, collegare l’innesco di una sindrome autistica a un singolo fattore, sia esso esclusivamente genetico, sia esso esclusivamente episodico acquisito. Ne deriva che -sempre a mio giudizio- risulta un po’ troppo riduttivo parlare di “autismo da vaccino”, o di “autismo da trauma”, o di “autismo da gene alterato”, tanto per citare gli esempi più frequenti. Allo stesso tempo, però, mi sembra anche abbastanza incauto e superficiale negare la valenza di un dato anamnestico impressionante: il sentir raccontare migliaia di volte, che un bambino, a distanza di uno o due giorni dalla somministrazione di un vaccino, abbia cominciato a manifestare quei sintomi che nel giro poi di breve hanno configurato un quadro di autismo, o di paralisi, o riferibile ad altri disturbi chiaramente neurologici. Trattasi sempre di coincidenza? Definirei ingenuo (o volutamente ingenuo) crederci.
  • Il problema a questo punto è che davanti a simili premesse, nella maggior parte dei casi scatta un irrigidimento di posizione. Subito si nega, da parte di alcuni, che una pratica vaccinale possa risultare nociva, accusando violentemente di “non scientificità” chi esprime certi dubbi, definendolo caso mai anche “alternativo”; o, di contro, subito si demonizza un certo tipo di prevenzione farmacologica come quella vaccinale, senza pensare che l’autismo e le altre patologie correlate, possano avere anche cause diverse dalle conseguenze dannose dei vaccini.
  • L’idea che ho maturato personalmente al riguardo, e che rappresenta la mia attuale (ripeto: attuale) posizione in tema di vaccinazioni e loro eventuali danni, si identifica essenzialmente nell’opinione che al giorno d’oggi si vaccini troppo, troppo presto, e senza adeguate precauzioni e indagini preliminari finalizzate a una reale identificazione di eventuali predisposizioni avverse nei confronti di una pratica utile, sì, ma non assolutamente esente da rischi. Credo di essere uno dei più frequenti ascoltatori di frasi del tipo: “nostro figlio era normale, poi è accaduto che pochi giorni dopo la somministrazione di quel vaccino, ha cominciato a regredire, isolarsi, non guardarci più negli occhi, non giocare più, comportarsi in modo strano, non parlare più…”. Ecco, davanti al ripetersi di tali esperienze (anche se solo come dato anamnestico), mi sono e mi sento in diritto-dovere di interrogare innanzitutto me stesso chiedendomi fino a che punto possa trattarsi di coincidenze o se piuttosto possa esserci un nesso di causalità e non di casualità. E non mi convincono i “portatori dell’assoluto”, non mi convincono gli “assolutamente sì” e gli “assolutamente no”. Guardandomi intorno e leggendo le altrui opinioni, trovo nella maggior parte dei casi una tendenza ad affermare e imporre risolutamente le proprie idee e posizioni piuttosto che cercare dialogo e confronto costruttivo con chi la pensa in modo diverso.
  • Non traggo conclusioni in termini di convinzioni, ma restando perplesso nel vedere come i sostenitori della totale innocuità delle vaccinazioni, continuano ad aggredire verbalmente e mediaticamente chi cerca di ragionare su posizione diverse, mi insospettisco sempre di più circa la “scientificità validata” dei loro argomenti, e finisco col preferire, ad esempio, il modo con cui un Roberto Gava espone pacatamente le sue posizioni, non necessariamente di antivaccinista, ma di uomo che ragiona e cerca di far capire e riflettere su un tema che per essere sviluppato ed elaborato in modo utile e costruttivo, avrebbe bisogno più di pacati e documentati confronti, che di atteggiamenti arroganti, prevaricanti, portati avanti con l’effimera convinzione di essere depositari di verità “assolute” .  
  • Continuerò a cercare di pensare con la mia testa, nella quale continuerò ad elaborare e valutare ciò che vedrò, sentirò, toccherò con mano, verificherò nel tempo… Continuerò a farlo nel ruolo di “servo di nessun padrone”, se non di me stesso, del mio pensiero e della mia coscienza. E per chi sarà eventualmente interessato al mio pensiero, continuerò ad esprimerlo.

Fonte: http://www.assis.it/vaccini-e-autismo-lesperienza-del-dott-massimo-borghese/