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Glifosato, l’erbicida più utilizzato in Italia e venduto dalla Monsanto classificato dallo IARC come probabile cancerogeno: il verdetto dell’OMS esteso ad altri quattro pesticidi

L’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Agency for Research on Cancer – IARC), il braccio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa dell’ambito oncologico, ha emesso un verdetto pesante su cinque pesticidi molto usati in agricoltura. Si tratta di un erbicida (glifosato) e due insetticidi (malathion e diazinon), dichiarati probabili cancerogeni per l’uomo e come tali inseriti nel gruppo 2A. Altri due insetticidi, parathion e tetrachlorvinphos, sono stati riconosciuti come possibili cancerogeni umani (2B). Il giudizio, espresso da 17 esperti, è stato sintetizzato in un documento pubblicato su The Lancet Oncology e rientra nella rivalutazione di questi composti in corso da tre anni. Finora l’esposizione ai pesticidi era risultata correlata a un aumento dei casi di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, Parkinson in testa. Dal nuovo documento emerge invece una forte correlazione epidemiologica tra l’impiego del glifosato (riscontrato anche nel sangue e nelle urine degli agricoltori) e il linfoma non-Hodgkin. Nuovi studi sono necessari per fare chiarezza.

Le controindicazioni relative all’impiego di pesticidi – oltre il 97% dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene però residui entro i limiti di legge – avevano finora riguardato i carbammati, i composti organofosforici, organoclorurati e le triazine. La vera novità è nel giudizio espresso sul glifosato. Si tratta di un erbicida il cui utilizzo è notevolmente aumentato negli ultimi 19 anni, di pari passo con lo sviluppo delle colture (mais, soia e cotone) Ogm. Il composto, utilizzato nei campi e in minima parte negli ambiti urbano e domestico, ha un effetto diffuso. Le coltivazioni di piante Ogm resistenti al glifosato – definite Roundup Ready, dal nome del primo erbicida a base di glifosato realizzato e brevettato dalla multinazionale Monsanto – permettono ai coltivatori di utilizzare l’erbicida contro le piante infestanti, senza danneggiare i raccolti. Ma sulla sua (eventuale) tossicità si discute da tempo.

Nel 1985 l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente lo indicò come possibile cancerogeno umano, dopo averne testato gli effetti sui ratti e aver raccolto prove anche in Canada e in Svezia che ne associavano l’utilizzo all’insorgenza del linfoma non-Hodgkin. Lo stesso ente cambiò idea sei anni più tardi, inserendo il glifosato nel gruppo E delle «sostanze che non hanno dimostrato potenzialità cancerogene in almeno due studi su animali, condotti in modo adeguato su specie diverse, o sia in studi animali sia epidemiologici». L’ultimo parere diffuso dallo Iarc sulla sicurezza del composto, però, rimette tutto in discussione. «Ci sono differenze significative tra gli studi analizzati dall’agenzia americana e quelli più recenti che evidenziano in maniera sufficiente la cancerogenicità della sostanza sugli animali». Quanto al malathion e al diazinon, si tratta di insetticidi usati in agricoltura, ma anche negli ambienti domestici. Alcune evidenze scientifiche hanno dimostrato una correlazione con diverse neoplasie dell’uomo: come il linfoma non-Hodgkin e i tumori della prostata (malathion) e del polmone (diazinon). L’inserimento nel gruppo 2A è legato anche alle prove – più solide – di danno al Dna acquisite in laboratorio da studi in vitro. Le due sostanze (parathion e tetrachlorvinphos) definite come possibili cancerogeni umani sono vietate da tempo nell’Unione Europea, mentre risultano ancora in uso negli Stati Uniti.

Il documento non ha lasciato indifferente il mondo dell’industria e della ricerca: Monsanto ha espresso la propria contrarietà a quanto messo nero su bianco dallo Iarc «in assenza di nuove evidenze scientifiche e di una classificazione che stabilisca il legame diretto tra il consumo di glifosato e l’aumento dei casi di cancro». Un giudizio non terzo, però, visto che la multinazionale ha posseduto fino al 2001 il brevetto per la produzione dell’erbicida a base di glifosato Roundup, che rimane il più utilizzato al mondo.

Anche in Italia, rileggendo le statistiche fornite dall’Ispra nel rapporto nazionale pesticidi nelle acque, «la presenza del glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, è ampiamente confermata, anche se il suo monitoraggio è tuttora effettuato solo in Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, mentre il metabolita nel 56,6%». Essendo l’erbicida largamente impiegato, è probabile che il suo inserimento nei programmi di monitoraggio possa determinare un aumento dei casi di non conformità nelle regioni dove ora non viene cercato. Il glifosato è anche il pesticida che più di ogni altro determina il superamento degli standard di qualità ambientale nelle acque superficiali. Dati che spingono Agostino Di Ciaula, internista all’ospedale di Bisceglie e referente pugliese dell’Associazione Medici per l’Ambiente (Isde), a richiedere «nuovi provvedimenti a livello comunitario, nazionale e locale: un’evidenza simile non può essere ignorata».

Il compito, eventualmente, spetterebbe all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), impegnata a ridefinire l’utilizzo degli studi epidemiologici nella valutazione del rischio correlato all’impiego dei pesticidi. Secondo Ioanna Tzoulaki, docente di epidemiologia all’Imperial College di Londra e all’università greca di Ioannina, «servono informazioni dettagliate sulla natura delle esposizioni: come la classificazione dei pesticidi, un’indicazione delle dosi e dei tempi sufficienti ad arrecare il danno. Le evidenze più consistenti relative ai pesticidi riguardano i danni neurologici e le leucemie infantili. Ma in futuro converrà approfondire anche il possibile legame con i disturbi ormonali, l’asma, le allergie, il diabete e l’obesità». Il limite degli studi epidemiologici, sopratutto nell’ambito della nutrizione e dell’esposizione a inquinanti ambientali, riguarda la mancanza di un nesso inconfutabile tra causa ed effetto in grado di dare sostanza alle associazioni che emergono dalle ricerche. Sui pesticidi, nel frattempo, si riaccendono i riflettori.

Fabio Di Todaro


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Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/glifosato-monsanto-cancerogeno.html