Article reference: http://www.laleva.org/it/2012/12/sanita_a_rischio_la_salute_delluomo_grazie_al_commercio_di_300_farmaci_giudicati_pericolosi.html

Sanità: a Rischio la Salute dell'Uomo Grazie al Commercio di 300 Farmaci Giudicati Pericolosi

 

Fonte: Accadeinitalia

di Giuseppe Bascietto

300 i farmaci giudicati pericolosi per la salute dell’uomo e  310 i medicinali in circolazione, regolarmente prescritti dai medici, che possono danneggiare i polmoni. Oltre 50 le malattie respiratorie o polmonari che sarebbero dovute all’assunzione di farmaci. Questa una delle ultime denunce dell’organizzazione mondiale della sanità  sul problema dei farmaci pericolosi. Un altro studio condotto in Gran Bretagna ha rivelato che un’assunzione settimanale di alcune sostanze a base di paracetamolo(medicinale usato per le patologie dell’infanzia), aumenta dell’80% le probabilità di attacchi asmatici rispetto a chi non ne fa mai uso. E non sono mancate le sorprese: alcuni principi attivi di uso estremamente ampio compaiono nella lista, come l’acido acetilsalicilico - la comunissima aspirina.

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Inoltre l’FDA(Food and Drug Administration), nel mese di novembre 2000, ha preso la decisione di non autorizzare la vendita di prodotti contenenti Fenilpropanolamina. Nel 98% dei casi, la quasi totalità, la sostanza è presente in decongestionanti da raffreddore e in appena il 2 % in prodotti anoressizzanti, ossia medicine che fanno passare l’appetito. Secondo uno studio condotto dalla Yale University School of Medicine è emerso che alcune donne, dopo 3 giorni di assunzione dei prodotti contenenti Fenilpropanolamina, erano state colpite da ictus emorragico. Anche gli uomini sono a rischio, ma l’incidenza è inferiore rispetto alle donne. Già da qualche tempo si discute dell’opportunità di sostituire la PPA(fenilpropanolamina) con la pseudoefedrina, considerata sicura, anche se con qualche controindicazione per chi ha la pressione alta. Ma non è solo l’elenco della FDA che desta preoccupazione. Infatti esistono in commercio una serie di farmaci con pesanti effetti collaterali. Per esempio alcuni farmaci utilizzati per la lotta contro il cancro, come il nolvadex, curano il tumore alla mammella, ma provocano il cancro all’utero e al fegato. E ancora farmaci come la ciclofisfamide, utilizzata nella chemioterapia antitumorale, provoca, soprattutto ad alto dosaggio, infertilità tra i pazienti a cui è stata somministrata. Ma la lista è destinata ad allungarsi, se si passano in rassegna farmaci, che vengono ritenuti di “uso comune”. Alcuni antiasmatici, per esempio, provocano tachicardia e in alcuni casi angina pectoris, gli antiartrosici, possono provocare dolori di stomaco e talora delle emorragie mortali, gli anticoagulanti, possono far sanguinare qualsiasi organo e gli antiipertensivi, provocano tosse e talora un’insufficienza renale che rende necessaria la dialisi. Insomma farmaci comuni che potremmo avere nel cassetto della cucina di casa nostra e che magari utilizziamo quotidianamente.

L’elenco potrebbe continuare all’infinito, se si riuscissero a passare in rassegna tutti i farmaci del prontuario. Infine, un dato curioso che emerge dalla lettura attenta del foglio illustrativo dell’aulin, l’anti-infiammatorio più venduto: “può causare epatiti fulminanti che in alcuni casi possono risultare fatali”. Naturalmente la preoccupazione maggiore per gli scienziati è costituita dall’abuso di queste sostanze, che potrebbero causare effetti “devastanti” al nostro organismo. Preoccupazione ampiamente giustificata dal fatto che buona parte di questi farmaci, ritenuti pericolosi, o sono regolarmente prescritti dai medici di base, o sono “farmaci da banco”. Ossia farmaci che vengono venduti senza la ricetta del medico. Questa situazione, quindi, svela i retroscena di un fenomeno originale e preoccupante che negli ultimi anni è in forte crescita: la voglia di curarsi da soli e scegliere, seguendo i consigli di amici o parenti, i farmaci che si pensa facciano al caso proprio con l’aggiunta di qualche informazione in più. Attenzione però. Il pericolo è dietro l’angolo. O meglio nelle medicine che si sono comprate. È necessario, quindi, leggere attentamente le “istruzioni” alla voce “effetti collaterali o indesiderati”. Infatti “una volta acquistato il farmaco da banco, dice il prof. Michele Carruba, ordinario di farmacologia all’università di Milano, “è importante leggere attentamente il foglietto illustrativo”. Comunque è opinione diffusa, oramai, che i farmaci di oggi siano i veleni di domani. Nel caso di questi farmaci il domani è già arrivato.

E tra i farmaci pericolosi messi in commercio c’è il tamoxifen o nolvadex. Gli effetti collaterali sono tantissimi e vanno dal sanguinamento vaginale al cancro al fegato o all’utero, dai polipi alle cisti ovariche, per non parlare della riduzione o alterazione della vista e di alcune malattie collegate alla retina. Ma l’elenco è lungo e comprende tra gli altri anche i fibromi che provocano un ingrossamento dell’utero. Questi sono solo alcuni degli effetti collaterali del tamoxifen(nome commerciale nolvadex), farmaco utilizzato per la cura del cancro alla mammella da oltre 30 anni. Milioni di donne in tutto il mondo hanno fatto uso di questo medicinale. Alcune di queste donne sono guarite dal cancro alla mammella, ma si sono ammalate di altri tipi di tumore, altrettanto pericolosi e aggressivi. Scoperto alla fine degli anni sessanta da alcuni ricercatori dell’azienda britannica ICI(Imperia chemical industries), una della maggiori multinazionali chimiche del mondo, il nolvadex è stato subito proclamato una stella splendente nella battaglia contro il cancro alla mammella. Peccato che la zeneca però, succursale dell’ICI, da un lato produca farmaci contro il cancro, dall’altro, le divisioni agrochimiche di queste imprese, producono clorurati e altri componenti chimici industriali compresi gli erbicidi. Sono tutti velenosi e molti di loro sono conosciuti come distruttori endocrini accusati di provocare il cancro al seno. I profitti dell’ICI, quindi, aumentano fabbricando prodotti chimici, che da una parte causano il cancro al seno e dall’altra si reputa che lo curino.

Pierre Blais, ricercatore farmaceutico, attuale chief justice della Corte Federale del Canada, allontanato dall’ambiente sanitario canadese, per aver affermato, che “gli impianti di silicone al seno si sarebbero rivelati estremamente pericolosi”, descrive la storia del tamoxifen come “la storia della progettazione farmaceutica moderna, che produce farmaci spazzatura”. “Il tamoxifen infatti”, conclude Blais, “è un farmaco che si pone ai vertici del mucchio di immondizia”. Un giudizio durissimo che ha diviso la comunità scientifica tra coloro che difendono a spada tratta il farmaco e altri che affermano apertamente la pericolosità del farmaco, perché altamente tossico e nocivo per l’organismo umano. Ma quali sono le caratteristiche principali di questo farmaco? “Il tamoxifen è un anti-estrogeno”. Che “impedisce agli estrogeni, che sono il legame comune tra molti fattori di rischio del cancro al seno”, afferma il prof. Richard Peto, capo dell’unità di ricerca alla Oxford University, “di saldarsi ai siti recettori sulle cellule dei tessuti mammari. In altre parole stimola la divisione delle cellule mammarie e inibisce l’attività degli estrogeni regolari”. Insomma impedisce la crescita delle cellule cancerose. “Ma se funziona come bloccante di estrogeni e riduce le probabilità di estensione di cancro al seno”, si legge in uno studio pubblicato dalla rivista Lancet, allo stesso tempo agisce come estrogeno nell’utero e, in misura minore, in cuore, vasi sanguigni e ossa. Così, se da una parte combatte il cancro al seno, dall’altra si è ben presto rivelato come promotore di cancri particolarmente aggressivi all’utero e al fegato.

Inoltre il tamoxifen si fissa saldamente e irreversibilmente al DNA, provocando una mutazione cancerosa. Perfino il conservatore National Health and Medicale Research Council (NHMRC) australiano mise in guardia sul fatto che non c’è quantità sicura di tamoxifen quando si arriva ad un effetto cancerogeno. Già dal 1967, comunque, gli scienziati dell’ICI, l’azienda produttrice del farmaco, “notarono come il tamoxifen persista per alcuni giorni nell’utero”. Inoltre l’ICI ha descritto nel Physicians Desk reference, anche l’attività cancerogena del tamoxifen sul fegato. E uno studio, condotto da scienziati svedesi, che collegava il tamoxifen al cancro all’utero, costrinse la Zeneca, l’azienda, succursale dell’ICI, attuale produttrice del farmaco e la più grande azienda produttrice al mondo di farmaci per il cancro, a inviare, nell’aprile 1994, una lettera a 380.000 medici americani, per difendere il tamoxifen. La ricerca svedese aveva studiato 1371 pazienti con il cancro al seno che avevano assunto 40mg al giorno di tamoxifen per periodi dai 2 ai 5 anni e aveva scoperto che vi era un aumento di 6 volte dei tumori all’utero. Inoltre un secondo studio che coinvolgeva pazienti che avevano assunto 20mg al giorno(la dose raccomandata) mostrava un significativo aumento di cancri uterini. E ancora i ricercatori dell’Anderson Cancer Center di Houston e quelli della Yale University School of Medicine scoprirono che le pazienti con il tumore al seno che sviluppano cancro all’utero durante la cura con il tamoxifen, possono subire una forma letale di neoplasia dal rapido sviluppo. Infine nonostante decine di studi provino che il tamoxifen abbia pesanti effetti collaterali, il National Cancer Institute qualche anno fa ha lanciato una campagna di prevenzione del cancro al seno da 60 milioni di dollari, puntando a reclutare 16.000 donne sane in Stati Uniti, Europa, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Ancora in corso, la sperimentazione coinvolge 13.000 donne sane di età superiore ai 35 anni che vengono considerate ad alto rischio. L’Australia ha reclutato 1350 donne con l’obiettivo di arrivare a 2500. Per cinque anni, metà delle donne riceveranno il tamoxifen e metà il placebo. Il farmaco viene fornito gratuitamente dalla Zeneca. Il dr. Samuel Epstein, professore emerito di Medicina Occupazionale e Ambientale alla Scuola di Salute Pubblica dell’Università dell’Illinois a Chicago e autore nel 1997 del Breast Cancer Prevention Program (Programma di Prevenzione del Cancro al Seno), solleva gravi preoccupazioni: "Sfortunatamente, questo approccio, fuorviato e pericoloso alla prevenzione, deriva dalla radicata fissazione dell’NCI sull’utilizzo dei farmaci chimici per prevenire il cancro che potrebbe principalmente essere stato indotto da inquinanti chimici, tecnologie medicali (come le radiazioni dai raggi-X) e farmaci cancerogeni/estrogenaci. Invece di cercare di ridurre il carico di composti chimici cancerogeni con i quali combattiamo per mantenere la nostra salute, l’NCI crede che la soluzione sia quella di aggiungere ulteriori composti chimici alla mistura”. Una battaglia, comunque, quella sugli effetti cancerogeni del tamoxifen, che ha portato dei risultati soddisfacenti: lo stato della California all’unanimità ha votato una legge chiamata "Proposition 65" che richiede la pubblicazione e il mantenimento di un elenco di tutti i cancerogeni conosciuti. Nel maggio 1995, il Comitato d’Identificazione Cancerogeni dello stato ha votato in modo unanime l’aggiunta del tamoxifen a questo elenco. In seguito, nel 1996 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha formalmente designato il tamoxifen un cancerogeno umano, accorpandolo ad altri 70 composti chimici - di cui un quarto farmaceutici - che avevano ricevuto questa equivoca distinzione. Comunque, il nolvadex, ancora oggi, risulta il farmaco più prescritto al mondo con un volume d’affari che supera i 400 milioni di dollari.

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In italia il giro d’affari è cospicuo se è vero che sono 35.000 le donne che ogni anno vengono colpite dal cancro al seno che secondo alcuni dati sarebbe la prima causa di morte delle donne nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni, e in molte zone rappresenta circa un quarto di tutti i tumori di cui soffre il gentil sesso. Allarmanti anche i dati europei sulla diffusione della malattia. Questo tumore colpisce ogni anno 200.000 donne nell’UE e rappresenta il 20-25% dei carcinomi.  Alle soglie del terzo millennio, quindi, il cancro continua a mietere le sue vittime. È come la colata lavica, paragonabile solo alle epidemie che colpivano intere popolazioni. Ma barlumi di speranza  arrivano dal mondo scientifico e accademico. “I progressi scientifici degli ultimi anni”, afferma il prof. Giampietro Gasparini, primario del reparto di oncologia del S. Filippo Neri di Roma, “sono stati molto significativi e ci hanno permesso di approfondire le conoscenze sui meccanismi che sono coinvolti nello sviluppo e nella progressione dei tumori”. “Grazie alla diagnosi precoce”, dice Umberto Veronesi, ex ministro della sanità e oncologo di fama internazionale, siamo riusciti a bloccare il tumore della mammella allo stadio iniziale. Infatti quando il tumore viene operato al di sotto del centimetro di diametro, continua Veronesi, la guarigione è sicura nel 98 per cento dei casi, ma se la massa supera i 3 centimetri di diametro, le possibilità di sopravvivenza scendono al 35 per cento. In questo caso bisogna affrontare le cure necessarie per cercare di ritardare il più possibile l’estendersi della malattia. Però mentre il baronato della lotta al cancro continua a investire enormi quantità di denaro nella ricerca, nella produzione e nella sperimentazione di farmaci, che successivamente potrebbero risultare dannosi, per la prevenzione e la cura del cancro al seno esistono già alternative sicure ed efficaci. Si tratta di farmaci non tossici che evitano di attaccare il sistema endocrino o di danneggiare l’organismo.“Per esempio l’estriolo, uno degli estrogeni prodotti dalle ovaie”, dice il dott. Henry Lemon, ricercatore scientifico, “è considerato un estrogeno sicuro per le caratteristiche che ha dimostrato nell’inibizione del cancro al seno”.

Il dott. Lemon, insieme ad altri ricercatori, ha condotto uno studio su donne già malate di cancro al seno, con metastasi in altre aree del corpo. Ad un gruppo è stato somministrato estriolo, ad un altro no. Al termine dell’esperimento, il 37% delle donne che avevano assunto estriolo presentavano una remissione o un arresto dei loro tumori. Forse l’estriolo, un ormone naturale, sicuro e quasi senza effetti collaterali, è capace di compiere quello che fa il tamoxifen con i suoi effetti tossici.  Anche lo stile di vita gioca un ruolo significativo. In uno studio su 25.624 donne norvegesi dai 20 ai 54 anni, dopo circa 14 anni di osservazioni i ricercatori hanno trovato forti evidenze del fatto che esercizi fisici quotidiani, sia per lavoro che per svago, riducevano del 37 per cento il rischio di cancro al seno. Si è scoperto, inoltre, che le donne che si allenavano almeno quattro ore la settimana durante il tempo libero, avevano una riduzione di rischio di cancro al seno del 37 per cento, se comparate con donne dalla vita sedentaria. Lo studio ha scoperto che più tempo si spende in attività fisica, più basso è il rischio di cancro al seno. Oltre allo stile di vita, anche una corretta alimentazione può prevenire la malattia. Infatti gli esperti consigliano di “consumare frutta e verdura fresca e cibi ricchi di fito-estrogeni, quali soia, legumi, frutti di bosco, noci e frutta secca”. “I loro benefici sono simili a quelli del tamoxifen(senza i pericolosi effetti collaterali)” afferma il dr. John R. Lee, nel suo libro, What Doctors May Not Tell You About Menopause (Quello che i medici non ti dicono sulla menopausa), “nel senso che i fito-estrogeni occupano i recettori di estrogeni e sono meno estrogenici di quelli prodotti dal corpo. Dato che ora si sa che la riduzione dell’apporto calorico riduce i livelli di estrogeno, e studi recenti hanno dimostrato che il 46 per cento in meno dei tumori al seno viene riscontrato tra le donne che consumano più frutta e vegetali, sembrerebbe che le donne interessate a prevenire il cancro al seno potrebbero fare modesti cambiamenti nell’alimentazione ricavandone risultati migliori e certamente più sicuri.

Altro farmaco che sta facendo nuovamente capolino nel mondo della farmacologia ufficiale come trattamento contro il mieloma multiplo, una forma letale di cancro al midollo osseo è il Talidomide. “Uno studio condotto su 84 pazienti”, scrive sulla rivista “New England Journal of Medicine” Bart Barlogic, della University of Arkansas, “ha fatto rilevare come la somministrazione di talidomide abbia curato i sintomi del male in due persone, e li abbia alleviati in altri 28”. Il farmaco, recentemente, è stato reintrodotto anche come rimedio contro il cancro al seno e l’aids, e approvato come terapia per la lebbra. Peccato però, che quarant’anni fa tutto il mondo rimaneva scioccato nell’apprendere che per effetto del talidomide circa 10.000 bambini erano stati colpiti da mancato sviluppo degli arti e da altre gravissime deformazioni. Scoperto alla fine degli anni ‘50 dagli scienziati della Chemie GrÜnenthal di Stolberg, in Germania, il talidomide è stato subito commercializzato con il nome di Contergan. “La campagna pubblicitaria di questo farmaco nel 1958”, spiegano H. SjÖstrÖm e R. Nilsson, autori del libro Il talidomide e il potere dell’industria farmaceutica, ha assunto proporzioni gigantesche: 50 inserzioni sulle riviste mediche, 200.000 lettere e 50.000 “circolari terapeutiche” inviate a medici e farmacisti. Inizia così, con una grossa operazione di “marketing”, la campagna pubblicitaria che ha permesso al talidomide di essere utilizzato in ogni categoria e gruppo di età immaginabile. Non solo. L’industria tedesca, per aumentare i propri guadagni, combina il talidomide con altri prodotti come l’aspirina, la fenacetina, il chinino; così milioni di tedeschi, tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ’60, hanno assunto farmaci al talidomide per curare raffreddore, tosse, influenza, nervosismo, nevralgie, emicrania e asma. Un successo che porta l’azienda a organizzare il lancio a livello internazionale. Detto, fatto. Il farmaco alla fine del 1958 si trova sui banchi delle farmacie di 11 paesi europei, tra cui l’Italia, 7 paesi africani, 17 paesi asiatici e 11 dell’emisfero australe. Nella pubblicità del talidomide si sottolineava “la completa atossicità” e si affermava, da parte dell’azienda produttrice, “che il talidomide non danneggia né la madre né il bambino, quindi può essere somministrato alle gestanti e alle madri che allattano”. Con l’aumento delle vendite di contergan nel 1959, aumentano, però, i rapporti critici sugli effetti del farmaco. Medici e farmacisti iniziarono a inviare schede in cui venivano descritti gli effetti collaterali: vertigini, malessere, perdita della memoria, diminuzione della pressione arteriosa e altri sintomi. Gli ospedali rilevavano, dopo l’assunzione di talidomide, “emorragie cutanee locali e casi di neurite multipla. L’azienda, per evitare perdite economiche, tace. Intanto le vendite continuano ad aumentare, e gli effetti collaterali anche. E l’azienda continua colpevolmente a tacere. Anzi, fa in modo che i rapporti dettagliati degli effetti indesiderati, non vengano resi noti.

Nel 1960, dopo alcuni anni che veniva utilizzato in Europa come tranquillante, il talidomide si rilevò essere causa, se preso in un certo periodo della gravidanza, di orrende malformazioni. Così, dopo aver fatto venire alla luce circa 10.000 bambini malformati, il contergan su richiesta del ministero degli interni del Nordrhein-Westfalen è stato ritirato.  Ma la storia del talidomide, non è l’unica. Agli inizi degli anni ’70, si chiuse un vergognoso capitolo riguardante l’impiego di un medicinale conosciuto come cancerogeno e distruttivo del sistema endocrino, chiamato DES(dietilstilbestrolo). “Contro i consigli del suo inventore, sir Charles Dodd”, scrive Sherrill Sellmann, “da 4 a 6 milioni di donne in Europa e Australia, hanno utilizzato il DES per prevenire problemi di aborto e complicazioni durante la gravidanza”.  Inoltre, il DES diventò un medicinale popolare, sebbene non sperimentato, per una varietà di altre patologie: per la soppressione della lattazione, per il trattamento dell’acne, di certi tipi di cancro al seno e di quelli prostatici, come inibitore della crescita nelle adolescenti, come sostituto di estrogeni durante la menopausa e come pillola "del giorno dopo". Saranno necessari 30 anni per accettare quello che i test di laboratorio avevano indicato fin dal 1938 - che il DES era un medicinale altamente pericoloso e nocivo. Veniva riportato che, 20 anni dopo aver assunto il DES, le madri avevano tra il 40 e il 50 per cento di probabilità in più di rischio di tumori al seno di quelle che non lo avevano utilizzato. Inoltre, i figli delle "mamme DES" mostravano una maggior incidenza di deformità riproduttive, aborti, tumori vaginali, cancri testicolari, sterilità e disfunzioni immunitarie. L’ironia di questo totale fallimento è che il sistema medico ha infine riconosciuto che il DES era inutile nella prevenzione degli aborti. Questi i fatti che mettono in luce come le aziende farmaceutiche, ossessionate “dall’odore dei soldi”, passino sopra ogni segnalazione di rischi, connessi all’assunzione di farmaci ritenuti pericolosi e nocivi per la salute dell’uomo.

Fonte: Accadeinitalia