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Giudice autorizza la cura Di Bella. Oncologi: false speranze

26 febbraio 2012
(Fonte l'Unità)

Contestata dalla comunità scientifica oncologica, bocciata dagli esiti della sperimentazione ufficiale e, nel 2008, anche dalla Cassazione, la cura anti-cancro messa a punto alla fine degli anni '90 dal professor Luigi Di Bella, fisiologo siciliano morto nel 2003, torna oggi sotto i riflettori per la decisione del giudice del Tribunale di Bari, Maria Procoli, di accogliere il ricorso presentato da un malato di cancro che chiedeva di essere curato con il metodo ideato dal medico tra il 1997 e il 1998.

Una decisione subito contestata dalla comunità degli oncologi, che invita a non riaprire la strada a «false speranze» per tanti malati, e dal senatore del Pd Ignazio Marino. Per il ministro della Salute, Renato Balduzzi, si tratta invece di una vicenda che «ha già avuto tempo fa un lungo percorso e si è già definita. Non credo - ha detto - di dover fare alcun commento». Dopo anni di polemiche e la 'bocciatura della cura anche da parte della Cassazione nel 2008 - che disse no al risarcimento danni per la morte di un malato di tumore al quale era stato consegnato in ritardo il cocktail di farmaci della cura - si torna dunque a parlare del contestato metodo. Il giudice ha infatti ordinato alla Asl di Bari la erogazione immediata e gratuita del trattamento, ma il direttore generale della Asl, Domenico Colasanto, ha già firmato il mandato ai legali dell'Azienda sanitaria per opporsi alla decisione del giudice.

Perplessità arrivano dal senatore del Pd Ignazio Marino, secondo il quale una «cura non può essere prescritta da un giudice». Anche l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) esprime una posizione critica: «Dobbiamo garantire ai malati - afferma il segretario nazionale Carmine Pintu - cure per le quali c'è una dimostrazione scientifica di efficacia, e non cure potenzialmente tossiche. Sul metodo Di Bella sono state svolte sperimentazioni che hanno dimostrato in modo chiaro l'inefficacia della cura. Insomma, per noi oncologi - commenta - questo è un capitolo chiuso. Il messaggio che lanciamo è che non bisogna assolutamente riaccendere false speranze nei pazienti».
(Fonte l'Unità)