Article reference: http://www.laleva.org/it/2005/09/morti_in_corsia_6_su_100_per_colpa_dei_medici.html

Morti in corsia: 6 su 100 per colpa dei medici

Negli Stati Uniti più vittime sotto i ferri dei chirurghi che in incidenti stradali, e in Europa non va molto meglio
Morti in corsia: 6 su 100 per colpa dei medici
Il presidente degli ospedalieri: «Puntare sull'organizzazione»

Varese Errare è umano. Ma i medici non ci stanno. E' per questo che si sono riuniti in provincia di Varese, chiamati a raccolta dall'Ordine dei Chirurghi e odontoiatri della provincia. Una mattinata di studio, a confronto con i colleghi delle altre province lombarde e della Svizzera ma anche con i magistrati con cui i medici devono vedersela in caso di errori. Il dato che fa rabbrividire è che, in media, il 6 per cento di chi muore in ospedale, in un anno, muore per colpa dei camici bianchi. Una percentuale assolutamente relativa e calcolata per difetto sulle stime dei ricoveri del 2001. L'Istituto di medicina americano non conforta. Ne muoiono più sotto i ferri che per incidenti stradali. Ecco le cifre sugli anni '90: il 3-4% dei pazienti è coinvolto in errori e di questi più del 50% poteva essere preventivamente evitato.

Ogni anno muoiono da 44mila a 98mila pazienti per errori medici o infermieristici. Un numero superiore ai decessi per incidenti stradali (43 mila) o di cancro al seno (42 mila) o di Aids (16 mila). «Gli errori in sanità - si legge nel rapporto - costituiscono l'ottava causa di morte negli Stati Uniti». In Europa non va meglio. La Gran Bretagna, unico paese del Vecchio Continente dove si raccolgono dati sugli errori medici, è emerso che «il 5% dei pazienti è coinvolto in errori e l'1,5% ha riportato invalidità o è morto». In Australia, poi, dai dati di una ricerca su un campione di 14 mila pazienti, ricoverati in 8 ospedali, emerge che «eventi avversi» si verificano nel 16,6% dei ricoveri. Di questi, il 13,7% ha subito disabilità permanente, per il 4,9% non c'è stato nulla da fare. Nel dettaglio, «il 50,3% degli eventi avversi era correlato al trattamento chirurgico, il 13,3% era dovuto a errori diagnostici ed il 12% a errori terapeutici». Secondo lo studio australiano, il 51 per cento delle sventure mediche capitate era prevedibile e dunque evitabile, mentre l'11% degli errori erano semplicemente dovuti a mancanza di assistenza e attenzione. «Bisogna imparare dagli errori e cercare le cause del danno non nell'errore immediato, ma nelle cause profonde e remote, ossia nell'organizzazione - spiega Piermaria Morresi che è anche vice presidente dei medici ospedalieri europei - Creare una cultura organizzativa della sicurezza, basata su un sistema di segnalazione capillare non solo dei danni, ma degli errori che non hanno causato danni e delle situazioni di quasi errore, ovvero di quelle situazioni in cui fortuitamente l'errore non si è verificato». Non tutte le circostanze sono prevedibili, è una delle conclusioni del convegno, ma la loro conoscenza agevola il compito di chi «per mandato o vocazione, deve tutelare la salute dei cittadini». I medici riuniti a Induno Olona si sono dati come missione quella di gestire l'errore. Il difficile, spiega ancora Morresi, è «vincere la prosopopea di certi colleghi». E' più facile che un luminare spieghi come è stato bravo a evitare certi errori, piuttosto che dire quelli che stava per commettere. L'errore dice «può essere considerato da due punti di vista: l'approccio personale e quello sistemico. Il primo considera l'errore come distrazione, negligenza. I sostenitori di questo approccio trattano gli errori in quanto problemi morali. L'approccio sistemico è invece fondato sull'assioma che l'uomo è fallibile e che esistono trappole nell'organizzazione e nell'ambiente di lavoro». Lo sguardo, da Varese vola verso gli Stati Uniti, dove si parla di analisi degli incidenti e dei quasi incidenti. «Bisogna istituire da noi questo tipo di analisi del problema - invita Morresi - per affiancare e migliorare la raccolta dati promossa dalla regione Lombardia, in anticipo sul resto d'Italia, insieme alla Toscana. L'analisi dei rischi viene trasmessa alla Banca dati regionale. I dati, incrociati con quelli degli errori commessi, darebbero risultati straordinari anche a fini assicurativi». Olga Piscitelli