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Integratori in pericolo

Operatori del naturale e consumatori in allarme per la nuova direttiva europea, che rischia di consegnare gli integratori alimentari nelle mani delle multinazionali del farmaco.

Tratto dalla rivista AAM Terra nuova n°195 di maggio 2005.

Integratori in pericolo
di Walter Bechisano

Operatori del naturale e consumatori in allarme per la nuova direttiva europea, che rischia di consegnare gli integratori alimentari nelle mani delle multinazionali del farmaco.

Con la motivazione di regolamentare la produzione e il mercato degli integratori alimentari cresciuto a dismisura nell’ultimo decennio, l’Unione europea, con la direttiva 2002/46/CE vuole imporre severe regole per il commercio di vitamine e minerali. Le nuove norme verranno applicate gradualmente, ma il prossimo agosto segnerà un passo importante: entro e non oltre la fine dell’estate, gli stati membri dovranno”vietare il commercio di prodotti non conformi” a tale normativa. Apparentemente sembrerebbe un’iniziativa mirata alla difesa di chi gli integratori li utilizza, ma a lanciare l’allarme sono invece proprio le associazioni dei consumatori e dei produttori del settore organizzati nella Alliance for Natural Health (Anh), nella Health Food Manufacturers’ Association (Hfma) e nella National Association of Health Stores (Nahs).

“I consumatori sono allarmati” afferma Robert Verkerk, direttore esecutivo della Anh. “La Direttiva dovrebbe regolamentare il commercio degli integratori alimentari in Europa, ma in realtà rischia di vietare 300 delle circa 420 forme di vitamine e minerali attualmente presenti sul mercato, molti dei quali con un lungo trascorso storico di uso sicuro”. Per Erica Murray, della Irish Association of Health Stores: “La direttiva deve essere modificata se si vuole un regime ragionevole per le migliaia di piccole imprese che trattano prodotti salutistici naturali e innovativi in tutta Europa. Se così non sarà, a trarne vantaggio saranno ancora una volta le grandi multinazionali, che già ora godono di un netto predominio nelle vendite di vitamine e minerali a bassissima efficacia nei supermercati e nelle farmacie”.

Per frenare l’attuazione della direttiva o almeno una sua interpretazione eccessivamente restrittiva, lo scorso 25 gennaio, Alliance for Natural Health ha presentato presso l’High Court europea una causa contro la direttiva. Il 5 aprile scorso, l’Avvocatura Generale della Ue si è pronunciata in maniera molto critica nei confronti della direttiva, tuttavia si tratta solo di un parere, anche se autorevole. Per il verdetto definitivo si dovrà aspettare la decisione della Corte, che potrebbe opporsi a una lettura più garantista. Per conoscere i possibili sviluppi riguardanti la nuova regolamentazione europea degli integratori abbiamo intervistato Sepp Hasslberger, presidente dell’associazione La Leva di Archimede che sostiene l’iniziativa di Anh con la quale collabora da tempo.

Dopo il pronunciamento dello scorso aprile da pare dell’avvocatura generale della Ue, può fare un quadro della situazione attuale in Italia per quanto riguarda la direttiva sugli integratori alimentari?

La direttiva è stata recepita in Italia con un decreto legislativo (21 maggio 2004, n.169), che rispecchia i dettati della normativa europea tranne che per un aspetto importante: l’obbligo di rispettare i dosaggi massimi per vitamine e minerali contenuti negli integratori che – secondo la direttiva stessa – dovrebbero orientarsi su una valutazione scientifica dei possibili rischi per la salute. Il decreto italiano fa riferimento a un regolamento interno del ministero della salute precedente alla direttiva, che fissa i valori degli Rda, le dosi raccomandate per uso giornaliero dei vari nutrienti, ritenute da molti assolutamente inadeguate.

In che modo il pronunciamento dell’avvocatura generale europea può influire sull’attuazione della direttiva europea?

Il pronunciamento dell’avvocatura generale europea riguarda soprattutto un aspetto specifico della normativa: quello degli ingredienti (o fonti di vitamine/minerali) che possono essere utilizzati nella produzione di integratori. L’avvocato generale, l’olandese Leendert Geelhoed, dopo aver esaminato la direttiva e tutte le leggi e decisioni della corte precedenti, ritiene che gli obiettivi della direttiva – protezione della salute e buon funzionamento del mercato interno – sono legittimi. Non risparmia però critica alla mancante trasparenza della procedura da seguire per l’approvazione di ingredienti diversi da quelli sull’elenco della direttiva, anche quelli che sono stati usati negli integratori per anni. Tanto da paragonarla ad una “scatola nera”, inaccessibile all’ispezione non solo di chi chiede di utilizzare l’ingrediente ma perfino allo scrutinio giudiziario. In Italia, il ministro Sirchia ha emesso una circolare che permette in deroga, secondo le disposizioni della stessa direttiva, l’utilizzo di molte sostanze ingredienti già in uso nel nostro paese al momento dell’entrata in vigore della direttiva, cioè nel giugno del 2002.

E’ vero che l’interpretazione data dal governo italiano è la meno restrittiva rispetto a quella di altri paesi europei?

In questo caso siamo di fronte a uno stato delle cose che pare non del tutto chiaro. Mentre con il decreto di deroga il Ministro della salute ha anticipato il recente sviluppo europeo in termini di ingredienti (e qui, è vero, l’Italia ha una interpretazione meno restrittiva degli altri paesi membri), con il riferimento ai dosaggi Rda ha mostrato un’idea diametralmente opposta. E’ vero che il decreto legge sugli integratori qualifica il riferimento alla composizione (ai dosaggi) come temporaneo, in vigore cioè solo fino ad un “ordine contrario” da Bruxelles, ma con un passo di questo genere si sta continuando a lasciar “nella zona grigia” tutta una serie di prodotti presenti in Italia e apprezzati sia dai consumatori che da medici e naturopati che utilizzano gli integratori nella loro attività di cura e prevenzione.

In che modo la legislazione europea rischia di rendere più difficile l’uso e la vendita degli integratori?

Sono sostanzialmente due i modi nei quali la nuova direttiva può rendere più difficile l’uso degli integratori. Il primo è un elenco di “sostanze ammesse”, cioè di sostanze fonti di vitamine e minerali allegato alla stessa direttiva, che consiste soprattutto in quelle sostanze già usate dai produttori farmaceutici nei loro prodotti, molti dei quali con poca biodisponibilità. Sono escluse dall’elenco ristretto e “chiuso” (non sono ammesse altre sostanze di quelle elencate) la grande maggioranza delle sostanze tradizionalmente usate dai produttori specializzati di integratori come le forme di minerali più biodisponibili (chelati ed altre forme organiche di minerali) e alcune forme di vitamine. Un esempio è il caso della vitamina E, dove solamente l’alfa tocoferolo è ammesso mentre tocoferoli misti (gamma tocoferolo ed altri) non figurano nell’elenco.

Il pronunciamento dell’Avvocatura generale della Ue si basa non soltanto sull’ingiustificata esclusione di sostanze finora largamente usate, ma anche sulla procedura eccessivamente macchinosa e costosa necessaria per introdurre nuovi nutrienti tra quelli consentiti dal regolamento. Infatti, secondo quanto previsto dalla nuova normativa, per far approvare una nuova sostanza sono necessari test e prove di laboratorio che richiedono un notevole investimento. Si parla di un costo per ogni sostanza che può superare ampiamente i centomila euro, senza una procedura certa, senza un sistema di verifica giudiziaria, e senza neanche il diritto di essere notificati dell’esito della domanda. In questo senso, la direttiva favorisce in modo piuttosto vistoso i produttori farmaceutici “tradizionali”, quelli delle medicine allopatiche, e rende la vita difficile invece per chi produce integratori di ispirazione più “biologica” piuttosto che farmaceutica. Il secondo modo è che la direttiva introduce il concetto di dosaggi massimi che verranno fissati sì su valutazione scientifica ma secondo molti con troppa prudenza. Quì è emblematico il recente lavoro delle autorità tedesche che hanno prodotto una valutazione super-prudente, riducendo i dosaggi suggeriti a valori vicini all’Rda e in qualche caso perfino ancora più bassi.

Da dove provengono le resistenze agli integratori, dalle industrie interessate a farmacolizzare gli integratori in modo da legarle alle multinazionali? Si tratta di una precauzione a suo parere necessaria?

In ultima analisi le resistenze agli intregratori provengono dallo stesso campo che fa la vita difficile a tutte le innovazioni in medicina e in primo luogo alle medicine non convenzionali che non seguono una precisa linea – quella dell’intervento sulla persona già malata col farmaco di sintesi, brevettabile e oltremodo profittevole. Non per niente le multinazionali del farmaco sono state per decenni l’industria più redditizia in assoluto. Solo negli ultimi due anni si è vista una leggera flessione, soprattutto dovuta al fatto che gli effetti collaterali e spesso mortali di questo tipo di intervento stanno venendo a galla e la stampa se ne occupa. Purtroppo è un fatto prettamente economico che un’industria, la quale guadagna quando una persona è malata e guadagna di più se i malati sono tanti e soprattutto se questi continuano ad essere dipendenti di farmaci, non può che fare tutto il possibile per eliminare ogni concorrenza. La strategia di “controllo” degli integratori è assolutamente necessaria e logica in questo contesto. Si può spiegare l’introduzione di severe restrizioni per prodotti che sono super-sicuri secondo le statistiche solo se si immagina sia parte integrante di una strategia “economica” di questo tipo delle multinazionali del farmaco.

Purtroppo una legislazione di questo genere non solo elimina (o drasticamente riduce) la concorrenza nel campo degli integratori a favore della produzione farmaceutica. La cosa più grave è che elimina uno strumento validissimo della prevenzione. Visto che siamo tutti individui nel senso di essere tutti differenti gli uni dagli altri, questi integratori servono per mantenerci sani nonostante queste differenze, nonostante le carenze dell’alimentazione “fast food” e nonostante situazioni di stress e inquinamento non indifferenti. Con leggi come la direttiva sugli integratori si martella la prevenzione, che a parole viene invocata da tutti. Il punto importante qui non è che ci sia una campagna di resistenza agli integratori ispirata da multinazionali che hanno tutto da guadagnare sulla malattia. Questo è anche comprensibile. Molto più importante è il fatto che le autorità sanitarie (non solo in Italia) hanno per troppo tempo dato ascolto preferenziale a quelle autorità mediche e scientifiche che sostengono l’intervento farmacologico e che escludono l’efficacia di sostanze nutritive (o di qualsiasi alternativa alla medicina farmacodipendente) nella nostra salute.


I nutrienti “dimenticati”

Secondo i dettati della nuova norma dovranno sparire dal mercato prodotti che contengono forme di vitamine o minerali non elencate negli allegati della direttiva stessa. Alcuni esempi: la vitamina E contenente tocoferoli misti e tocotrienoli – sarà permesso soltanto l’alfa-tocoferolo; diverse forme di carotene – troveremo solamente il betacarotene; la metilcobalamina – una forma della vitamina B12; e poi minerali come zolfo, boro, vanadio,silice, praticamente tutti i minerali in traccia – non sono elencati e perciò non saranno più utilizzabili; le forme più biodisponibili dei minerali comuni quali calcio, magnesio, potassio, ferro zinco, rame – non sono previsti, secondo gli elenchi della direttiva, per esempio, orotati, chelati, aspartati, picolinati e lieviti ricchi di minerali biodisponibili. L’elenco delle sostanze dimenticate dalla direttiva e quindi non autorizzate , è molto lungo: circa 300 tra composti vitaminici e minerali. Da qui l’allarme che si sta diffondendo tra produttori operatori del naturale e consumatori.

“Se la direttiva va avanti e non ci saranno ripensamenti – spiega Sepp Hasslberger – si rischia di perdere la maggior parte degli integratori oggi presenti sul mercato, eccetto quelli che sono di scarsa utilità. La direttiva infatti esclude tutti minerali più biodisponibili (chelati, orotati, pidolati), mentre le restrizioni sui dosaggi voluti dalle autorità portano al divieto di tutti i prodotti che contengono una quantità di principi nutritivi eccedenti la RDA*. In questo modo sarebbero vietati prodotti come la vitamina C 1000 mg (anche quella da 500 mg), vitamina E 400 unità o 200 unità, vitamine complesso B 50 mg e tantissimi altri prodotti combinati contenenti una quantità di vitamine al di sopra la RDA:

* RDA è l’abbreviazione del termine Recommended Daily Allowance, la quantità di assunzione giornaliera raccomandata per uno specifico nutriente. Facciamo un esempio, se su una confezione: “Vitamina A – 800 mcg = 100% Rda” questo vuol dire che il contenuto di tale confezione corrisponde al dosaggio giornaliero consigliato.