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Campi elettromagnetici e leucemia, esiste relazione? I primi risultati di uno studio italiano

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Articolo uscito su Aam TerraNuova numero di maggio 2004

Di Claudia Benatti (Vaccinetwork.org)


Esistono dal 1979 evidenze epidemiologiche che correlano l’esposizione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza, come quelli generati dagli elettrodotti, con l’insorgere delle leucemia nei bambini e nei lavoratori esposti. Ma come fare per sapere se quegli stessi campi elettromagnetici sono in grado di facilitare l’insorgenza di altre forme tumorali o di disordini immunologici sulla popolazione nel suo complesso? Una risposta verrà dallo studio che la Fondazione per la ricerca sul cancro ‘Bernardino Ramazzini’ sta conducendo nel centro ricerche di Bentivoglio (Bologna), sotto la direzione del dottor Morando Soffritti. Nelle sale all’avanguardia del centro si sta infatti conducendo un esperimento di amplissima portata sugli animali, il maggiore e più articolato che sia mai stato finora portato avanti a livello internazionale. E alla fine dell’anno ne partirà un altro, di analoghe dimensioni, per valutare l’effetto, sempre sugli animali, dei campi elettromagnetici ad alta frequenza, cioè quelli generati dai ripetitori dei telefoni cellulari e dalle antenne radiotelevisive. “Nel caso in cui venisse codificata la correlazione col cancro – spiega il dottor Soffritti – questa sarà definita sia per tipo che per entità, in quanto questo mega-esperimento risponde a tutti i criteri di adeguatezza e rigore richiesti”.


Questi dati dunque, una volta elaborati, peseranno come macigni. Ma cosa sta accadendo dentro le sale del castello di Bentivoglio, attrezzate ad ospitare il centro ricerche Ramazzini? L’esperimento, iniziato il 15 luglio del 2002, ha coinvolto oltre 7000 ratti, ospitati in contenitori sistemati in 12 strutture torroidali circondate da fili elettrici percorsi da corrente che genera campi elettromagnetici variabili da 2 fino a 1000 microtesla. I ratti rimangono esposti 19 ore al giorno. I ratti sono quotidianamente puliti e alimentati e ne viene costantemente monitorato lo stato di salute. Se un animale si ammala, “viene isolato per impedire che al contatto con gli altri possa ferirsi o peggiorare il suo stato”; se muore, viene prelevato, sottoposto ad autopsia e gli organi vengono sistemati su vetrini che vengono poi esaminati.

“Teniamo a sottolineare – spiega la dottoressa Michela Padovani – che gli animali sono trattati con la massima cura, poiché è dal loro buono stato di salute che dipende l’esito dell’esperimento. Elemento importantissimo è poi quello legato alla nostra scelta di determinare la durata dell’esperimento sulla base della durata della vita degli animali; ossia lo studio terminerà quando anche l’ultimo ratto sarà morto di morte spontanea e questo, considerando la media di vita, dovrebbe accadere tra circa un anno e mezzo. Non li sopprimiamo determinando a priori la durata dello studio. Questo ci permette di monitorare anche la parte terminale della vita del ratto, quando, come accade per gli esseri umani, è maggiormente probabile avere formazione di tumori. Sopprimere prima l'animale vorrebbe dire privarci di dati utilissimi ai fini dei risultati”. Importantissimo, poi, ai fini dei risultati finali, è la presenza di un gruppo di controllo, cioè ratti non trattati, il cui stato di salute verrà confrontato con quello dei ratti esposti alle radiazioni. Contemporaneamente sono in atto altri tre esperimenti per valutare l’effetto dei campi elettromagnetici associati ad altri agenti e individuare eventuali effetti sinergici e più precisamente le radiazioni gamma, la formaldeide e le aflatossine. “I primi dati allarmanti sui campi a bassa frequenza – spiega il dottor Soffritti – si sono avuti nel 1979 quando due ricercatori americani, Wertheimer e Leeper, pubblicarono i risultati di un’indagine epidemiologica che indicava un maggior rischio cancerogeno, e in particolare per leucemia, in bambini residenti in prossimità di installazioni elettriche.

Successivamente in vari paesi sono stati condotti studi epidemiologici e la maggioranza conferma che l’esposizione a questi campi può determinare un aumento di rischio di leucemia nei bambini esposti residenzialmente e in lavoratori esposti professionalmente. Alcune ricerche sembrerebbero evidenziare anche una correlazione con tumori cerebrali e alla mammella. Nel caso delle leucemie è stato dimostrato che il rischio cresce con il crescere dell’intensità del campo e che può essere pericolosa già un’intensità di campo relativamente bassa: 0,2-0,3 microtesla. Una recentissima meta-analisi di un epidemiologo svedese, Anders Ahlbom, indicherebbe che il rischio si manifesta al di sopra di 0,4 microtesla”. Per avere un’idea dei livelli di esposizione, occorre ricordare che le direttive delle agenzie internazionali stabiliscono limiti di 100 microtesla per i residenti (con punte massime per tempi limitati fino a 1000 microtesla) e per i lavoratori limiti di 500 microtesla (con punte di 5000). I limiti previsti dalla normativa vigente in Italia sono di 100 microtesla come valore massimo, 10 come valore di attenzione. Ma la Fondazione Ramazzini volge la sua attenzione anche ai campi elettromagnetici ad alta frequenza, le cosiddette microonde, generate dai ripetitori per cellulari o dalle antenne radiotelevisive. Nell’autunno 2004 partirà uno studio su oltre quattromila ratti che verranno esposti a microonde.

“Anche in questo caso ci troviamo di fronte a possibili rischi cancerogeni – continua Soffritti – studi epidemiologici hanno evidenziato possibili correlazioni tra esposizione professionale e residenziale e aumento di rischio di linfomi e leucemie in militari e bambini; si tratta però di risultati che vanno verificati, approfonditi e consolidati. Gli studi condotti finora sui ratti sono risultati inadeguati e ora noi faremo il nostro tentativo”. Il problema dell’impatto sanitario dei campi elettromagnetici è enorme, data la loro diffusione. “Per fronteggiare un problema di tale portata – aggiunge Soffritti - sono necessari provvedimenti precauzionali e strategie di prevenzione; le ricerche epidemiologiche e gli studi sperimentali effettuati fino ad oggi sono assolutamente inadeguati. Quindi bisogna produrre dati e acquisire certezze”. L’allarme sui telefonini arriva anche dall'Istituto di citomorfologia del Cnr di Bologna. Qui un'équipe di ricercatori, capitanata dal dottor Fiorenzo Marinelli, ha effettuato una sperimentazione in vitro su cellule leucemiche esposte a un campo elettromagnetico di 900 megaHertz (più o meno l’intensità dei vecchi cellulari Tacs). Come hanno reagito queste cellule? “In due modi – spiega il dottor Marinelli - Nelle prime ore la radiazione ha provocato l'attivazione nel loro nucleo del meccanismo che porta alla morte cellulare. Nell'arco delle 48 ore, però, abbiamo potuto osservare che le cellule rimaste, danneggiate dalle onde elettromagnetiche, venivano stimolate non a "suicidarsi", ma a riprodursi più velocemente”.

Questo ha portato a concludere che le forme tumorali, in particolar modo le leucemia, possono divenire più aggressive in seguito all’esposizione a microonde. Già nel 1999, parlando ad un convegno a Trento, Marinelli aveva citato alcuni degli effetti dimostrati dei campi elettromagnetici sull’organismo. “Molti enzimi – diceva – ormoni e neurotrasmettitori che agiscono sulle membrane cellulari sono influenzati dalla radiazione elettromagnetica. La produzione di melatonina ad opera della ghiandola pineale è ridotta da 5 a 15 volte durante la notte a causa della presenza di campi, con conseguenze psicologiche, forme depressive, modificazioni del ritmo sonno/veglia e della secrezione endocrina. Gli studi su animali e cellule in coltura dimostrano un alterato metabolismo del calcio alla presenza di campi, con possibili interazioni con promotori chimici del cancro. Effetti diretti sul sistema nervoso si ritengono possibili: le attività oscillatorie cerebrali possono essere modificate fino al punto da influenzare l’elettroencefalogramma. Le radiazioni ad alta frequenza, come quelle appunto dei cellulari, inducono correnti ad alta frequenza nei tessuti, modificano l’orientamento dei dipoli molecolari e causano la rotazione delle molecole.

L’energia radiante si trasforma in energia cinetica che si misura come innalzamento della temperatura. Riguardo alle azioni termiche, esiste un vasto pensiero unanime: il metodo di misura di probabili danni biologici dipende da quanta energia ad alta frequenza sia assorbita e le azioni termiche sono ormai ben documentate, conosciute e inconfutabili in particolare sui testicoli e sul cristallino”. Ma anche stando al di sotto della soglia che induce rialzo termico, le radiazioni ad alta frequenza possono essere pericolose, con effetti sulla permeabilità della membrana cellulare e modificazioni della diffusione del calcio. Inoltre è stata dimostrata la presenza di risonanza cellulare in risposta a campi da 50 a 200 Mhz, quindi ben al di sotto degli attuali 1800-2000 degli Umts, telefoni cellulari di ultima generazione. Già nel 1999 Marinelli consigliava di mantenere l’esposizione al di sotto dei 3,3 volt/metro, “anche se è probabile che le soglie consigliate dovranno scendere alla luce di più approfonditi studi”.

La legge in Italia attualmente, però, prevede una soglia massima di esposizione di 6 volt/metro e 20 in campo aperto. Altri riscontri scientifici fanno tremare chi vive vicino ai ripetitori o chi usa con frequenza i cellulari. I ricercatori dell’ospedale di Kharkov, in Ucraina, hanno sentenziato che le onde ad alta frequenza possono avere effetti sul cervello umano inducendo anomale onde lente nell’elettroencefalogramma (1); nei bambini queste onde lente si sono mostrate più ampie e più frequenti. Altro campanello d’allarme dai ricercatori dell’Università di Bari (2), che hanno irradiato linfociti umani per la durata di variabile di 5 e 10 minuti con frequenze da 1500 a 2000 MHz trovando che alla frequenza di 1800 si assiste ad una significativa riduzione dell’azione antibatterica delle cellule T, ossia i nostri globuli bianchi ci difendono meno perché funzionano meno se esposti a microonde.

Una notizia choc proviene poi dal ministero della salute delle federazione russa (3), per il quale l’istituto di ricerca biofisica di stato ha prodotto uno studio secondo cui l’esposizione di embrioni di pollo alle alte frequenza dei telefoni cellulari Gsm ha causato la morte nel periodo di incubazione del 75% degli embrioni esposti contro il 16% del gruppo di controllo costituito da embrioni non esposti a microonde. Si è alzata anche la voce del professor Angelo Gino Levis, docente di mutagenesi ambientale all’università di Padova e membro della commissione tossicologica nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità, uno dei massimi esperti italiani nel campo dell’elettrosmog. “Le alte frequenze artificiali – ha detto lo scorso gennaio durante un convegno a Pisa – causano fenomeni di risonanza e di interferenza con quelle biologiche, come l’elettroencefalogramma, l’elettrocardiogramma o la frequenza della pompa cellulare che regola il rilascio del calcio. E queste alterazioni possono essere dannose per l’organismo”.


1) “Effects of high-frequency electromagnetic fields on human EEG: a brain mapping study”, Central Clinic Hospital N5, Kharkov, Ucraina – Int.J.Neurosci. luglio 2003; 113(7):1007-19
2) “Effects on function ho human lymphocytes exposed to electromagnetic fields with a frequency from 1500 to 2000 MHg”; Jirillo, Altamura, Casale, Pepe, Venezia, Soleo, L’Abbate, Raino, Stefanelli – Dipartimento di clinica medica, immunologia e malattie infettive, sezione di immunologia, Università di Bari – G.Ital.Med.Lav.Ergon. luglio-settembre 2003; 25(3):369-70
3) “Biological effects of mobile phone electromagnetic field on chick embryo (risk assessment using the mortality rate)”, Grigor’ev IuG; State Research Center Institute of biophysics, ministero della salute della federazione russa, Mosca – Radiats.Biol.Radioecol settembre-ottobre 2003; 43(5):541-3



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