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Filippine, le provincie maledette

Ci sono due provincie nella Repubblica delle Filippine su cui negli ultimi anni sembra sia caduta una maledizione. Incremento dei casi di leucemia, in particolare fra i giovani sotto i diciotto anni, e di tumori ai polmoni. Bambini nati con danni al sistema nervoso, deformazioni e gravi malattie della pelle. Aborti spontanei e bimbi nati morti. Le provincie sono quelle di Pampanga e di Zambales, rispettivamente a nord e nord-ovest di Manila. La maledizione di cui stiamo parlando è una maledizione del tutto terrena, concreta. Ha a che vedere con almeno cinquant’anni di scarichi nocivi incontrollati, derivati da attività militari; ha a che vedere con la debolezza negoziale e diplomatica di un paese povero rispetto ad una grande potenza.


La base aerea americana di Clark (provincia di Pampanga) è sorta su una preesistente base ed ha iniziato le sue attività subito dopo la seconda Guerra Mondiale, arrivando ad occupare un’area di 130.000 acri. La base navale di Subic (provincia di Zambales, estesa su un’area di 16.425 acri) ha iniziato le sue attività nel 1908. Clark e Subic hanno rappresentato un appoggio prezioso per il controllo geopolitico del Pacifico durante la seconda Guerra Mondiale, la guerra di Corea e quella in Vietnam.

Tra il 1991 e il ’92, scaduto l’accordo bilaterale tra USA-Filippine, e venuta meno la volontà da parte del governo filippino di rinnovarlo, i militari statunitensi hanno abbandonato le due basi. Qualcosa è rimasto però della massiccia presenza militare americana. Che legame c’è tra l’attività delle basi militari e l’incremento (o comparsa ex novo) di alcune malattie? Ci sono alcune cose da tener presente quando di parla di attività militari, specie di attività militari in un paese povero. La base navale di Subic, per esempio, pare avesse un sistema del trattamento delle acque di scarico piuttosto incompleto e che solo il 25% dei liquami prodotti passasse attraverso questo sistema. Il resto? Tutto in mare, o sottoterra. Per decenni e decenni. Lo stesso è stato per i solventi, i prodotti chimici e i materiali radioattivi. Sotterrati senza tanti problemi, o rilasciati in mare. Lo stesso avveniva a Clark. Intere zone del paese usate come pattumiera.

“Quando considerate le intense operazioni dovute alle varie crisi della Guerra Fredda, come le guerre in Corea, in Vietnam e nel Golfo, è facile capire che i problemi ambientali sono stati completamente ignorati nella frenesia di realizzare gli impegni operativi. Se si sommano gli effetti a lungo termine dello scarico di liquami non trattati, perdite di carburante dai serbatoi sotterranei e la fuoriuscita di PCP [pentaclorofenolo, ndr] dai generatori elettrici, è fuori dubbio che la baia di Subic (e molti altri reparti americani attivi e non nel mondo) è contaminata da diverse sostanze che minacciano la salute dei suoi abitanti”. Sono parole di un militare americano, l’ex ammiraglio Eugene Carroll (per decenni ufficiale dell’aviazione nel Pacifico e nei Balcani), pronunciate nel 1997 all’Asian Social Institute di Manila. Eugene Carroll (morto nel febbraio dello scorso anno a 79 anni), dismessi i panni di ufficiale dell’esercito, è diventato uno dei membri di punta del Center for Difense Information (www.cdi.org), un organismo di controllo della spesa militare americana, sorto nel 1972 per iniziativa di alcuni militari in pensione.

Nel 1996 Rosalie Bertell, epidemiologa canadese dell’Insitute for the Concern of Public Health, ha condotto uno studio sulla popolazione femminile e i minori residenti nei dintorni della base di Clark (dal 1991, dopo l’eruzione del vulcano Pinatubo, circa 2000 famiglie hanno trovato rifugio proprio all’interno dell’ex base). I risultati parlano di alti tassi di infezioni alle vie urinarie e di malattie al sistema riproduttivo e al sistema nervoso per le donne, di ritardi nella crescita per i bambini. Le cause accertate? Acqua e terreno inquinati. Da quali sostanze?

Un documento ufficiale delle autorità americane può essere un buon inizio per farne la conta. Si tratta di un rapporto risalente al 1992 del General Accounting Office, un’agenzia che fa parte del Congresso statunitense e che ha il compito di controllare la spesa del governo federale. Lo si può trovare nel sito del GAO, www.gao.gov: “US Financial Obbligations in the Philippines”. In quel rapporto vengono menzionati il polifenile (benzene) e l’amianto. Le autorità americane si sono dunque riconosciute responsabili? Non proprio. Nello stesso documento si legge: “Sebbene l’Aviazione e la Marina abbiano individuato danni ambientali significativi in entrambe le basi di Clark e Subic, gli accordi attuali non impongono nessun obbligo ben definito agli Stati Uniti per quanto riguarda la bonifica e il recupero dell’ambiente. Tuttavia, secondo gli ufficiali dell’Aviazione e della Marina, se gli Stati Uniti dovessero decidere unilateralmente di bonificare queste basi secondo gli standard statunitensi, il costo per la bonifica e il recupero potrebbe raggiungere proporzioni elevatissime (Superfund proportions)”.

Altri dati? Un’inchiesta voluta dalla Commissione filippina per i Diritti Umani nel 1999, dopo la protesta di alcuni residenti nell’area dell’ex base di Clark, ha accertato la presenza di nitrato, mercurio e batteri fecali, confermando le analisi fatte tre anni prima da Rosalie Bertell. I risultati delle analisi (riportati su tre documenti dell’aprile ’99 emessi dall’ufficio legale della Commissione per i Diritti Umani e dall’Environmental Managment Bureau di Quezon City) ci sono stati dati da Myrla Baldonado del People’s Task Force for the Bases Clean Up, una ong che dalla metà degli anni ’90 si batte per il riconoscimento del danno ambientale, per la bonifica delle aree e per l’assistenza alle comunità colpite dalle malattie. In assenza della volontà politica da parte dei governi americano e filippino di far piena luce sulla situazione, la società civile dei due paesi si è mossa attraverso l’opera di organizzazioni come il People’s Task Force. “Il governo filippino non ha fatto nulla per ottenere delle compensazioni”, spiega Myrla Baldonado. E le autorità USA?

Più di un anno fa Colin Powell in visita a Manila aveva promesso uno studio del ministero della Difesa. “Per quanto riguarda le autorità USA, non ci sono stati studi nel passato e da quanto ne sappiamo niente è previsto per il futuro”. Come si sta muovendo la vostra organizzazione? “Stiamo cercando di raggiungere, con il nostro lavoro, tutte le comunità che vivono nei dintorni delle ex-basi. Stiamo cercando di educare le persone che sono state vittima di contaminazioni, oltre a questo forniamo assistenza medica e legale e sollecitiamo ricerche sul campo”. Pur con l’ostracismo dei governi interessati, si sono ormai accumulati i documenti che provano l’esistenza di agenti inquinanti nei dintorni delle basi USA e del loro legame con le gravi malattie che stanno colpendo le popolazioni.

Oltre a quelli già citati: uno studio del 1994 realizzato da studiosi americani tra i quali Paul Bloom, ricercatore dell’Università del Minnesota (studio promosso dall’UUSC, una ong di Cambridge, Massachusetts, che si basa su due documenti incompleti emessi dal ministero della Difesa americano, estendendone i risultati); un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità risalente al 1993 e che individua quindici aree altamente inquinate a Subic; uno studio presentato nel 2002 a Bangkok ad una conferenza dell’OMS, incentrato sull’aumento dei casi di leucemia tra i bambini nell’area di Subic (“Environmental threats to the health of children: hazards and vunerability”, lo si può trovare sul sito www.who.org).

La lista potrebbe continuare. Insomma le prove ci sono, eccome. Manca la volontà politica. Nessuno vuole riconoscere le proprie responsabilità, soprattutto nessuno vuole tirar fuori i soldi, parecchi, necessari a bonificare le aree inquinate e a dare assistenza medica ai residenti. Il governo di Manila non ne avrebbe certamente i mezzi. Gli USA finora non hanno concesso nulla, facendosi scudo col fatto che i vecchi accordi bilaterali sulle basi militari non prevedevano nessuna bonifica ambientale. Lo scorso ottobre, in occasione della visita di Bush a Manila, il People’s Task Force ha organizzato una marcia con un migliaio di persone provenienti dalle comunità colpite dal disastro ecologico. L’obiettivo era quello di far pressione affinché il problema di Subic e Clark venisse messo in agenda (i tentativi, finora vani, di mettere all’ordine del giorno delle discussioni tra i due governi il problema delle basi sono iniziati nel 1994 con la visita di Clinton). Il messaggio non è arrivato al presidente USA, protetto da circa undicimila poliziotti. Dal canto suo, la presidente filippina Gloria Macapagal Arroyo non ha sollevato la questione.

Il futuro summit economico del Pacifico e la lotta al terrorismo internazionale non hanno lasciato spazio ad altre discussioni, specie ad argomenti scomodi come quello dell’eredità lasciata dalle ex-basi militari.


Autore: Marco Bordignon
Fonte: ReporterAssociati
m.bordignon@reporterassociati.org